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Foibe, Lecco ricorda le vittime innocenti dei partigiani di Tito

Lecco (Lècch) - "Ci sono voluti più di 50 anni per rompere il velo di silenzio che ha avvolto la tragedia degli infoibati": nel Giorno del Ricordo, il prefetto di Lecco, Liliana Baccari, ha stigmatizzato l'omertà che per mezzo secolo ha indotto storici, giornalisti e politici a tacere l'orrendo massacro di migliaia di italiani gettati nelle foibe carsiche dai partigiani comunisti del maresciallo Tito.

Liliana Baccari ha preso parte alle manifestazioni previste per il Giorno del Ricordo, assieme al presidente della Provincia di Lecco, Flavio Polano, e al vicesindaco del capoluogo, Francesca Bonacina. Due i momenti della giornata lecchese: alle 10.30, in Riva Martiri delle Foibe, deposizione delle corone con le associazioni "Comitato 10 febbraio" e "Comunità Lecchese Esuli Giuliano-Dalmati", alle ore 11 in Sala Don Ticozzi l'incontro pubblico di approfondimento storico-culturale.

Le foibe sono cavità carsiche profonde decine di metri dove i partigiani slavi gettarono, spesso ancor vive e legate tra loro col filo spinato, le loro vittime. Si calcola in circa 20.000 il numero delle vittime dei comunisti di Tito, tra queste numerose donne, ragazze e bambine, stuprate prima di essere gettate nelle voragini (Norma Cossetto, studentessa il cui corpo senza vita fu trovato con un pezzo di legno conficcato nei genitali, è diventata il simbolo di quell'orrore).

Intere famiglie vennero massacrate, colpevoli solo di essere italiane. Altri 350mila giuliano-dalmati scelsero l'esodo, abbandonando tutto ciò che avevano per sfuggire alla pulizia etnica. A lungo gli orrori delle foibe vennero taciuti ed ancora oggi si assiste a tentativi di negazionismo, con palesi contraffazioni della verità storica e falsità giustificazioniste. A Lecco la targa di Riva Martiri delle Foibe è stata più volte distrutta da estremisti di sinistra.

Nelle foto: cadaveri recuperati dalle Foibe e Norma Cossetto.

11 febbraio 2018