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Maroni a Lecco: «Il referendum autonomista “vale” 50 miliardi»

Lecco (Lècch) - Un "pienone" venerdì sera a Palazzo Falck per il presidente della Lombardia venuto a parlare ai lecchesi del referendum sull’autonomia. Roberto Maroni, accanto a lui gli esponenti del centrodestra, ha entusiasmato, passando disinvoltamente dalle argomentazioni più serie (soprattutto di natura economica) all'ironia verso i "convertiti".

DI TUTTI. Nel mirino i sindaci piddini: «Erano arrivati persino gli insulti quando ho proposto la via referendaria all'autonomia; adesso sono passati in massa dalla nostra parte». Maroni fa capire di non essere nato ieri: è consapevole che dietro la conversione degli esponenti del centrosinistra ci sia il calcolo politico, soprattutto il tentativo di scampare a una sicura sconfitta, «ma va bene così, questo non è il referendum di Maroni, ma di tutti i lombardi, anche perchè - ironizza - sappiamo come è andata a Renzi».

COMPETENZE. A dire il vero, i sindaci piddini hanno abbozzato con il primo cittadino di Bergamo, Giorgio Gori (probabile prossimo candidato della sinistra alla presidenza lombarda), un distinguo dalla linea di Maroni: «I leghisti vogliono far credere che lo scopo del referendum sia quella di trattenere qui decine di miliardi di euro, noi, invece, col Comitato per il sì, puntiamo al trasferimento di competenze dallo Stato alla Regione, per una maggiore autonomia della Lombardia». Ma ricevere più competenze senza ottenere più miliardi da Roma significa andare a spremere i lombardi, una iattura che Maroni intende scongiurare.

IL RESIDUO. «Più autonomia - spiega infatti il presidente - significa avere più competenze, ma soprattutto disporre di maggiori risorse per poterle garantire. E, semplicemente, saranno i soldi dei lombardi: soldi che restano qui. Il nostro residuo fiscale, cioè la differenza tra quanto paghiamo allo Stato e quanto riceviamo, ammonta a 54 miliardi di euro. La Sicilia, Regione a statuto speciale, corrisponde a Roma solo l’imposta sui monopoli di Stato. Pagati questi, resterebbero nella nostra Regione 50 miliardi di euro: avremmo il doppio delle risorse attualmente disponibili anche per i Comuni».

SUL TAVOLO. Quindi, tutti a votare in massa, perchè servono milioni di voti da sbattere sul tavolo della trattativa con Roma. I piddini lombardi, ricorda Roberto Maroni, avevano provato a trattare con il loro governo centrale nella speranza di ottenere qualcosa da portare in Lombardia, ma hanno sempre ricevuto il due picche. «Ma il giorno successivo al referendum, se avreno l'esito sperato, - conclude Maroni - io e Zaia ci precipiteremo a Roma e state certi che non ci muoveremo da lì finchè non avremo ottenuto quello che vogliono i lombardi».

1 luglio 2017