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Povero turismo lecchese... ora arriva la stangata sugli alberghi

Lecco (Lècch) - Davvero una politica lungimirante per incentivare il settore turistico, lecchese e non solo: entro il 16 dicembre gli imprenditori saranno chiamati a versare la seconda rata di Imu e Tasi sugli immobili strumentali e la Cgia fa sapere che lo sforzo maggiore sarà richiesto agli albergatori, mediamente chiamati a versare 6.000 euro circa a immobile.

IL RADDOPPIO. La seconda raffica di gabelle sugli immobili, che complessivamente costerà poco meno di 5 miliardi di euro, per gli alberghi comporterà un raddoppio del prelievo fiscale rispetto al dato di cinque anni fa.

ELENCO TARTASSATI. Dopo gli albergatori, nell'elenco dei tartassati seguono i proprietari dei grandi magazzini commerciali (categoria catastale D8), con poco più di 4.000 euro, e i “capitani” delle grandi industrie (D7), con poco più di 3.220 euro. Se per i capannoni di minori dimensioni (D1), gli artigiani e i piccoli imprenditori pagheranno poco più di 2.000 euro, per gli uffici e per gli studi privati (A10) i liberi professionisti verseranno un’imposta media di poco superiore di 1.000 euro. Infine, il saldo su negozi (C1) e laboratori (C3) costerà ai commercianti e ai piccoli artigiani  rispettivamente 498 e 377 euro.

PESANTI AUMENTI. Gli aumenti verificatisi negli ultimi anni per singola tipologia di immobile  strumentale sono stati molto pesanti. Dal 2011 al 2016, l’incremento del carico fiscale al lordo del risparmio fiscale sugli uffici ha toccato il 145,5 per cento. Per i negozi l’aumento è stato del 140,9 per cento, per i laboratori artigianali del 109,7 per cento, mentre per gli alberghi, per i grandi magazzini commerciali e per i capannoni industriali il prelievo è quasi raddoppiato.

SPAVENTOSO. Le brutte notizie non finiscono qui. Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, ricorda: «Dal 2011, ultimo anno in cui abbiamo pagato l’Ici, al 2016 l’incremento del carico fiscale sugli immobili ad uso produttivo e commerciale è stato spaventoso. E’ utile ricordare che il capannone, ad esempio, non viene esibito dall’imprenditore come un elemento di ricchezza, bensì è un bene strumentale che serve per produrre valore aggiunto, dove la superficie e la cubatura sono funzionali all’attività produttiva esercitata. Accanirsi fiscalmente su questi immobili come è avvenuto in questi ultimi anni non ha alcun senso, se non quello di fare cassa, danneggiando l’economia reale del Paese e, conseguentemente, l’occupazione».

12 dicembre 2016