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Con “Le braccia del padre” Lecco chiede scusa ai fucilati allo stadio

LA STRAGE E LA MEMORIA. Lecco - Il sindaco di Lecco e, per la Provincia, l'assessore Marco Benedetti, conferiscono il crisma dell'ufficialità lecchese alle pagine del libro che sana una sanguinosa piaga della storia locale: la fucilazione di 16 giovani militari della Repubblica sociale italiana, appartenenti a una colonna di 160 soldati del Gruppo corazzato “Leonessa” e del Btg. “Perugia”, avvenuta nello stadio cittadino.

CIRCOLO VIZIOSO. Si chiama "Le braccia del padre", il libro lecchese più importante dell'ultimo decennio, uscito in questi giorni nelle librerie per i tipi di Stefanoni editore. L'autore, Giuseppe Arnaboldi Riva, scrivendo della strage di Lecco ha spezzato il circolo vizioso delle verità imposte dai vincitori e delle nostalgie dei vinti, arrogandosi un grande merito: aver compiuto, nelle vesti del romanziere, meticolosa opera di storico e di indagatore dell'animo umano. Non una parola, non un fatto sono frutto di fantasia.

L'ASSESSORE. «Esprimo il mio più vivo apprezzamento per l’opera "Le braccia del padre" di Giuseppe Arnaboldi Riva, il racconto di un evento storico drammatico che è accaduto nel nostro territorio: la fucilazione di 16 repubblicani al campo sportivo di Lecco il 28 aprile 1945. Una pagina dolorosa di storia della nostra provincia, per troppo tempo colpevolmente taciuta e dimenticata, riscoperta grazie alla ricostruzione veritiera dell’autore sui fatti accaduti»: così scrive Marco Benedetti, assessore alla Cultura della Provincia di Lecco quando il libro andò alle stampe.

IL SINDACO. E, nella sua prefazione al libro, Virginio Brivio, sindaco di Lecco, afferma: «La crudeltà umana non può avere distinzioni di colore politico o ideologico e non può trovare giustificazione alcuna. Riconoscere gli errori commessi dalle “parti” al termine della Seconda Guerra Mondiale è l’unica via, ben rappresentata dalle azioni e dal pensiero, nel romanzo, di don Luigi, per poter finalmente perdonare e riconoscere nell’altro il fratello che la guerra e l’odio hanno reso nemico. Da Lecco, sono convinto, può iniziare questa via».

SOPRA LE PARTI. E', insomma, una città che, dopo 70 anni, apre gli occhi sull'eccidio compiuto al campo sportivo. C'è voluta l'opera di uno scrittore al di sopra delle parti, malato di quella dignità che fa uscire allo scoperto gli uomini veri. Il tutto mentre sul muro dello stadio ancora campeggia una targa menzognera, che sostituisce la lapide che recava i nomi dei fucilati e attribuisce alle vittime la circostanza falsa (come risulta dalle parole dello scalatore Riccardo Cassin, allora coraggioso partigiano e testimone) di essere state giustiziate per aver aperto il fuoco a tradimento.

BRAVI GIOVANI. L'autore di "Le braccia del padre" è andato a scavare tra quei morti, scoprendo ragazzi che combatterono con valore e sino alla fine delle munizioni, di fronte a forze partigiane molto superiori e dotate di armamento pesante. "Bravi giovani", come scrisse di loro don Luigi Brusa, il rettore del Santuario della Vittoria che li confessò, animati da sentimenti di libertà della Patria, di giustizia sociale, e pietà cristiana: traditi da chi aveva loro concesso onori militari e salvacondotto in cambio della resa, linciati e picchiati a sangue, affrontarono il plotone di esecuzione (con coraggio e ricevendo i sacramenti) perdonando i loro carnefici, lasciando ai famigliari lettere in cui li esortavano a non odiare.

LA MEMORIA. Riva è cantore di sentimenti e, anche in questa cruenta vicenda, ha trovato l'aureo filone che esalta le proprie doti letterarie: la storia vera e toccante della piccola Mila, figlia del giovane tenente Bernardino Bernardini. Ancora fanciulla, bellissima ragazza (suo il volto prestato alla copertina del libro), deciderà di dedicare la propria vita alla memoria del padre: cercherà e sposerà, in casta unione, un reduce della battaglia di Pescarenico, uno di quei 160 militari (allora diciannovenne) che il sacrificio volontario dei 16 fucilati (si fecero avanti al posto dei più giovani) salvò dalla decimazione imposta dai comandi partigiani.

G. F.

Link. Ma la verità sui fucilati allo stadio vale per Rossi, Venturini o Zamperini

Nella foto: la lapide coi nomi dei fucilati, recentemente sostituita da una targa faziosa.

22 dicembre 2014