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Predica da Lecco/ Quando non è opportuno l'amore del prossimo

Lecco (Lècch) - Cari lecchesi, la "predica" di questa settimana intende far lume sugli abusi al principio della carità, ovvero istruire circa le situazioni per le quali l'amore del prossimo non è ordinato a un fine superiore e persegue un bene ingannevole, cagione di tristi conseguenze per sè e per gli altri.

FUOCO ETERNO. Insegna il santo Vangelo (Matteo 18,6-10): «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!  Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco».

CORPO SOCIALE. La dottrina cattolica, per parafrasi, ha costantemente riferito al corpo sociale la prescrizione che, nel Vangelo, appare rivolta al corpo umano. Sin dai tempi più antichi, l'insegnamento cattolico si espresse con massima coerenza e chiarezza intorno ai limiti che impediscono al beninteso amore per il prossimo di degradarsi in condotta disordinata ed asociale. Lascio, pertanto, alla lettura di un documento storico sull'argomento, cronaca di una predica del XV secolo, tratta da una raccolta privata di prediche. Il linguaggio risulta comprensibile, l'insegnamento degno di debita riflessione.

PRIMO CASO. «Predicando mastro Gabriello, frate e maestro dell'ordine di S. Domenico, el secondo dì di Quaresima, sul Vangelo di S. Matteo di perdonare al nemico e fargli del bene come fé Gesù Cristo, che pregò per quelli che  lo crocefissono, che dice per detto Vangelo: "Ego autem dico vobis: diligite inimicos vestros, benefacite is qui oderunt vos etc." ("E io vi dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano") disse detto mastro Gabriello molte cose su questo passo, ma infra l'altre disse che S. Tommaso dice che in duo casi solo possiam sanza peccato non amare el nimico: el primo, quando ci fusse tristo cittadino di cattiva coscienza e di cattivi costumi e di malo essempio, che non tanto si debbe amarlo ma disiderargli la morte ed averlo in odio affine che ne seguitasse el contrario alla repubblica e alla città; e non per suo odio e inimicizia propria, ma per ben pubblico della città».

SECONDO CASO. «El secondo, è quanto tu vedessi che nell'aiutare il prossimo (che è ciascuno el prossimo: cioè el nimico tuo, per vincolo della carità) tu portassi pericolo a te, e in tuo danno e pregiudicio, aiutandolo o volendogli fare qualche bene di sovvenirlo in fatti o in parole, te n'avesse a seguitare danno o pericolo nella città o nella persona, cioè danno grande in nella tua persona propria, non lo debbi fare, né sovvenirlo, e lasciarlo andare: piuttosto che ei vada male che tu, "quia prima caritas incipit e se ipso" (la carità comincia da sè stessi). E in questi due casi sei tenuto a non aiutarlo, ma in ogni altro lo debbi sovvenire e aiutare e pregare per lui, come dice detto Vangelo di S. Matteo e come fe' S. Stefano; e non lo faccendo, peccheresti mortalmente».

Fr. Antonino

9 novembre 2014