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Lecco non offre lavoro, giovani svegliatevi: cominciate a vivere emigrando... in Oltrepò

Lecco (Lècch) - Ci sono notizie che non si vorrebbero mai dare, nè leggere. In chiave lecchese la più triste, tra le tante pessime novelle di questo avvilente terzo millennio, riguarda il folto drappello di giovani (e assai meno giovani) accorsi a palazzo Bovara nella speranza di occupare uno dei 3 posti da tirocinante messi in palio dal Comune: 85 aspiranti... per un compenso da 300 euro mensili.

ANNESSA MANCETTA. Abbiamo ascoltato le giustificazioni dei banditori del progetto, peraltro lanciato dall'Anci Lombardia, che prende il nome di “Dote comune”: non si tratta di un lavoro, ma di una sorta di stage, un momento formativo... Peccato che questa pretesa formazione con annessa "mancetta" non dia accesso ad un bel nulla, e si rivolga a uomini e donne sino a 35 anni, a chi ha perduto il lavoro oppure a disoccupati utracinquantenni. Insomma, tutta gente che ha la quotidiana necessità di provvedere a sè stessa e alla propria famiglia, e non si capisce come riesca a "tirocinare" per mesi a stomaco, presumibilmente, vuoto.

VITA DA IMPEGATO. Eppure il miracolo al contrario accade: in 85 si sono accalcati a Palazzo offrendosi per la gloria. Dubito che si tratti del semplice richiamo esercitato dagli spiccioli del Comune. Ancora una volta, credo che il canto della sirena sia stato l'attrazione fatale esercitata su molti dalla possibilità di accostarsi in qualche modo all'agognata vita dell'impiegato, meglio se pubblico.

OBBLIGO SCOLASTICO. Il mito della scrivania, per nulla intaccato dalle pur innumerevoli riedizioni del "tragico Fantozzi", persiste intatto ma oggi diviene sempre più lontano e irraggiungibile. Anche l'ex isola dorata lecchese, ormai, non offre il sospirato impiego. L'insensato obbligo scolastico sino alle soglie della maggiore età, spinge un numero sempre crescente di vigorose braccia verso il lavoro di ufficio, esaurendo i residui posti a disposizione, già ridotti per effetto della crisi.

I LUOGHI COMUNI. Risultato, si accetta di tutto, a qualsiasi condizione e compenso, pur di sedersi dietro una scrivania, fosse anche il trespolo di un call center da cui telefonare in casa alla gente per farsi, più o meno gentilmente e ripetutamente,  mandare a quel paese. Ecco a cosa portano i luoghi comuni di cui siamo imbevuti, le diffuse panzane sociali che stravolgono i cervelli e che inducono a considerare desiderabili e legittime situazioni, in realtà, squallide e penose.

MANODOPERA SUCCUBE. Si facciano furbi i giovani. A quel paese ci mandino chi li vuole disperati per disporre di manodopera succube e di poche pretese. Cambino i luoghi comuni, della mente e dello spazio. La vita non è, solo, in ufficio: la vita è dove c'è dignità e iniziativa, dove non si è costretti a mendicare, a fingere e strisciare per portare a casa il pane quotidiano.

MANI STRANIERE. Esistono territori del nostro Paese che vengono abbandonati da chi rincorre il mito dell'impiego urbano, luoghi di grande bellezza che stanno lentamente passando in mani straniere. Senza andare tanto lontano penso all'Oltrepò pavese, ma potrei dire anche delle zone rurali del Piemonte, dove giovanissimi romeni si insediano al posto dei locali, rilevando con pochi spiccioli case e terreni abbandonati o lavorando per conto terzi nei vigneti.

IMPRENDITORIA AGRICOLA. La crisi che attraversiamo è crisi del sistema consumistico, di saturazione del mercato. Le prospettive migliori oggi provengono dalla imprenditoria agricola, anche di piccolo cabotaggio ma di qualità: giovani coraggiosi e intraprendenti stanno ottenendo eccellenti risultati in questo settore di particolari gratificazioni. Chi spera nella mancetta da 300 euro al mese, è sicuro di non valere di più?

Alessandra Consonni

6 ottobre 2014