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Strage di Lecco: ricordate le vittime

Lecco (Lècch) - Una cinquantina di cittadini, in gran parte giovani, ha mantenuto viva la memoria della strage di Lecco. Nella giornata di lunedì 28 aprile, sono stati ricordati i 16 militari della Repubblica sociale italiana, quasi tutti ancora ragazzi, fucilati nello stesso giorno del 1945 all'interno dello stadio Rigamonti Ceppi.

CORONA DI FIORI. Nel corso della cerimonia, svoltasi in via Pascoli sotto la lapide "riveduta e corretta" dall'amministrazione di Virginio Brivio, è stata depositata una corona di fiori posta ai piedi della stele. Sul posto le due bandiere tricolori della Repubblica sociale, quella senza più il simbolo sabaudo, che è diventata poi la bandiera della Repubblica italiana, e quella con l'aquila e il fascio, stendardo di guerra delle forze armate repubblicane.

VALOROSO PARTIGIANO. Con la bandiera tricolore, i presenti hanno coperto la targa apposta dal Comune di Lecco, dove si imputa ai fucilati l'accusa di aver tradito la bandiera bianca, continuando "proditoriamente " a sparare dopo essersi arresi. Questa "verità ufficiale" dovrebbe suonare a giustificazione dell'eccidio, ma viene smentita dalle testimonianze dell'epoca, tra le quali quella del valoroso partigiano e grande scalatore Riccardo Cassin.

ONORE DELLE ARMI. Corrieredilecco.it ha, più volte, riproposto una intervista pubblicata il dicembre 2002 su Patria Indipendente, mensile dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia, dove il famoso alpinista, che fu in prima fila nella battaglia, spiega che «in un'ala del fabbricato non si erano accorti che il loro comandante aveva esposto la bandiera bianca». Dunque, chi continuò a sparare non lo fece con intento "proditorio", come sostenuto nella targa della amministrazione Brivio, bensì soltanto perchè non sapeva della resa.

LE ULTIME LETTERE. Nella breve commemorazione sono state lette le ultime lettere che alcuni dei fucilati avevano spedito alle loro famiglie. In questi messaggi, come si evince anche da quelli riportati nelle cronache dell'allora rettore del Santuario della Vittoria (nel cui sacrario riposano alcuni militi), non si trova alcun proposito di odio e ferocia, bensì espressioni di amor patrio, giustizia sociale, libertà della propria terra e, persino, perdono per i loro fucilatori. Da notare che ai militari della Rsi venne concessa la resa con l'onore delle armi: poi, pare per un ordine ricevuto da Milano, ci fu il voltafaccia e la decimazione di ufficiali e sottufficiali.

Nella foto: la vecchia targa coi nomi dei caduti, prima che venisse rimossa e sostituita.

29 aprile 2014