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Lecco tra Chiesa e partiti: quei politici del Pd e la Comunione

IL PD SENZA COMUNIONE. Lecco - Vi sono, anche ai piedi del Resegone, esponenti del Partito democratico che si presentano come ferventi cattolici. Ma un cardinale solleva il "conflitto di interessi" tra professione cristiana e militanza in un partito il cui programma, su alcuni punti rilevanti, appare lontano dalla dottrina morale della Chiesa.

PECCATI MORTALI. C'è il sindaco di una località importante, piddino assiduo frequentatore di sagrestie. Oppure l'eletto in una istituzione di rilievo, che fa gran sfoggio della propria fede sbandierandola, persino e con insistenza, nella sua pagina facebook. Cose da politici, ma con un piccolo dettaglio da risolvere: il partito per il quale operano è il principale protagonista o il primo difensore di alcune "conquiste" che per la religione sono gravissimi peccati: divorzio (considerato sempre colpevole nel caso di unione successiva), aborto, unioni omosessuali, eutanasia...

CONTRO I COMANDAMENTI. Al di là della questione di coerenza, che è fatto personale e riguarda la coscienza di ciascuno, per la Chiesa rileva il pericolo dello scandalo causato ai fedeli da personaggi noti che si proclamano cristiani, pur appartenendo a formazioni politiche che operano contro il dettato di alcuni comandamenti. Scandalo, in termini dottrinali, è l'inciampo che distoglie il credente dalla retta via, ingenerando errore o confusione. Su questo argomento interviene il card. Raymond Leo Burke, in una intervista pubblicata sul numero di marzo delle riviste "Polonia Christiana" e "Radici Cristiane".

RIFIUTARE LA COMUNIONE. Il cardinale, eminente canonista, spiega come dovrebbero comportarsi i sacerdoti cattolici di fronte a situazioni del genere. «Nel caso di un politico o di altra figura pubblica che agisca contro la legge morale in una cosa grave e ancora si presenti per ricevere la Santa Comunione - afferma Burke -, il sacerdote dovrebbe ammonirlo, poi, nel caso persista nell’accostarsi alla Santa Comunione, rifiutare di dargli il corpo di Cristo».

LA PROPRIA CONDANNA. Per il cardinale non si tratta di una punizione, ma di una sollecitudine caritatevole che evita gravi conseguenze spirituali. «Il rifiuto del sacerdote - continua Burke - è un primo atto di carità pastorale, atto che aiuta la persona in questione ad evitare il sacrilegio ed a salvaguardare gli altri fedeli dallo scandalo». Il tutto, sottolinea Burke rifacendosi alla Lettera di S. Paolo ai Corinzi, per evitare che chi mangia e beve il corpo del Signore, «mangi e beva la propria condanna», essendosi accostato all'altare in situazione di peccato.

23 marzo 2014