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Non si sa più se uno è morto o vivo: occorre una legge come in Veneto

Lecco - Caro direttore, recenti e tristi fatti di cronaca confermano che c'è poco da fidarsi delle "sentenze" circa l'avvenuto decesso di una persona. Sino a qualche decennio fa non c'erano dubbi: uno veniva considerato morto quando il cuore cessava di battere. Poi, chi dà gli ordini di scuderia in campo medico ha deciso che per decretare la morte di un essere umano bastava stabilirne la fine dell'attività cerebrale: definizione che consente anche di eseguire i trapianti perchè per espiantare utilmente quasi tutti gli organi da un corpo occorre (con l'eccezione delle cornee) che essi siano irrorati dal sangue e dunque che il cuore pulsi ancora.

Non voglio entrare nella questione perchè non ne ho gli strumenti, d'altro canto non mi fido neppure di chi gli strumenti dice di averli o di chi questi strumenti usa pro domo sua. Rilevo soltanto che qualcuno, in campo scientifico e no, ha espresso forte dissenso sul metodo di accertamento della morte e sulla cosiddetta donazione degli organi. Interessandomi un po' della questione, ho scoperto che da diversi anni esiste perfino una associazione che si chiama Lega contro la predazione degli organi, con un proprio sito: http://www.antipredazione.org/

Come detto, non mi ergo a giudice. Mi limito ad osservare che ogni tanto capita di leggere di persone date per morte, e poi "resuscitate" e salvate in extremis dallo smembramento finalizzato alla donazione di organi o dalla sepoltura. Che si tratti di errori medici, e sappiamo che questa categoria a volte non ci azzecca neanche nelle diagnosi più banali, o di morti apparenti, credo che si debba far di tutto per salvare persone vive. Oltre agli espianti, c'è anche la terribile prospettiva delle sepolture di persone ancora vive che, poi, si risvegliano sotto tre metri di terra. Il fenomeno, purtroppo, è stato riscontrato nel caso di esumazioni collegate alla ristrutturazione di camposanti: alcuni cadaveri sono stati trovati in posizioni che testimoniavano un disperato movimento di braccia, gambe, mandibole dopo la sepoltura!

Per scongiurare questa orrenda prospettiva il Veneto si è dimostrato all’avanguardia: la giunta Zaia, su iniziativa dell’assessore alla Sanità Luca Coletto, ha approvato una delibera che impone alle agenzie funerarie di dotarsi di apposite apparecchiature di rilevazione e segnalazione delle possibili manifestazioni di vita del presunto cadavere. L'assessore Coletto ha spiegato che così verrà meno il timore di essere sepolti vivi. Se i veneti possono pensare alla morte con maggior tranquillità grazie alla propria amministrazione regionale, perchè la Lombardia non si affretta a seguirne l'esempio?

S. Proserpio

29 aprile 2013