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Romano Prodi: presidente Ue fece inorridire l'Europa, ora va al Colle

Lecco - Nell'autunno del '99 si era presentato a Bruxelles con una rodomontata: "Vi prometto la migliore amministrazione del mondo". Scaduto il quinquennio da presidente dell'Unione europea se ne è tornato a casa con un desolante bagaglio di insuccessi e stroncature, senza smarrire l'espressione giuliva.

TEMA DELL'INADEGUATEZZA. Romano Prodi, l'uomo che la sinistra italiana propone come capo dello Stato, per cinque anni fece inorridire l'Europa: "incompetente", "pantofolaio", "peggior presidente che l'Ue abbia mai avuto", "dilettante super-protetto", "personaggio che non sa mai bene di cosa stia parlando", sono alcune delle variazioni sul tema della sua inadeguatezza, rinfacciatagli dalla stampa e da politici del Vecchio Continente, anche di sinistra.

STRONCATO DA LIBERATION. A dispetto della realtà, in Italia il bolognese ha saputo spendere politicamente l'esperienza di Bruxelles menandosene gran vanto sino a mutuare il nome dell'Unione per lo schieramento che bramava di averlo premier. A Sud delle Alpi, peraltro, poco o nulla è trapelato della reputazione europea di Prodi: i media italianini ci hanno messo una toppa, come sottolineato dal francese Libération, quotidiano di sinistra che certo non può essere sospettato di avversione ideologica nei confronti del professore.

"IL PEGGIOR PRESIDENTE". Ha scritto l'editorialista Jean Quatremer su Liberation del 27 settembre 2003: "Per la stampa europea e anche mondiale, la questione è chiara da tempo: Romano Prodi è il peggior presidente che la Commissione abbia mai avuto. Sotto il suo regno, l'esecutivo europeo ha perso la sua autorità sia morale che politica. Un solo paese ignora tutto di questa triste realtà: l'Italia". "Curiosamente - continua l'articolo -, la stampa italiana presente a Bruxelles osserva un silenzio pudico e costante sulla svalutazione di Romano Prodi".

LE SOIR E LE MONDE. Cilecca invece coi media stranieri. La stampa estera ha giocato al bersaglio col faccione del professore. Per il compleanno della Commissione Ue, Le Soir ha titolato "Anniversario disastroso!". "Bilancio affliggente", gli ha fatto eco Le Monde, che ha preparato un perfetto funerale politico a Prodi con adeguato epitaffio nell'approssimarsi della scadenza del suo mandato europeo: "Non ha raggiunto alcun obiettivo e la sua assenza di leadership ha considerevolmente indebolito l'istituzione. Durante questo periodo, da buon politico italiano, il presidente della Commissione ha cercato soprattutto di sopravvivere".

ASSENZA DI LEADERSHIP. Requiescat in pace. E ancora: "Sotto la presidenza Prodi, la Commissione non è più stata all'altezza di rappresentare l'Europa sulla scena internazionale". Le Monde conclude così il ritratto a cupe tinte del massimo euroburocrate: "Contestato sulla scena europea, Romano Prodi viene anche costantemente accusato di servirsi delle sue funzioni per acquistare peso politico in Italia".

FINANCIAL TIMES E SUN. Che sia il solito snobismo francese verso i "maccaronì" italiani? Ma sulla stampa anglosassone la musica non cambia, sempre un requiem. Ad appena un anno dal suo ingresso a Palazzo Breydel, il Financial Times decide già di averne viste abbastanza su Prodi: "Non capisce i dossier che gli depositano sulla scrivania, ha scarse competenze tecniche e in quanto a comunicativa si farebbe battere da un tubo di ghisa". Se è arrivato ad occupare quel posto ambito, continua l'autorevole giornale economico, è perchè si tratta di "un dilettante super protetto, catapultato su una poltrona troppo importante per lui". Sun, allo scadere del quinquennio prodiano, parla di "un politico italiano fallito che sta per lasciare l'incarico dopo un lugubre mandato", Times di "problema Prodi" per l'Europa e di un personaggio "il cui operato è deriso in quasi tutto il Vecchio Continente ma resta motivo d'orgoglio per gli italiani".

DER SPIEGEL. E il tedesco Der Spiegel non gli perdona un atteggiamento di arroganza nei confronti del premier svedese Goran Persson durante il vertice di Stoccolma del 2001 e gliele canta così: "Non è che l'ennesimo anello di una catena interminabile di episodi che hanno portato Prodi a perdere prestigio di fronte ai capi di governo europei e tra i ranghi della stessa burocrazia di Bruxelles. Lui non sa parlare, non sa dare autorità alla commissione, non ha alcuna capacità di pensare in grande e presentare una visione strategica del futuro dell'Unione europea". Delle stroncature di Prodi sentenziate dai media esteri si potrebbe raccogliere un corposo fascicolo.

FRODI CRESCIUTE DEL 35%. Il rapido e drastico cambio di orientamento dei giornalisti europei che, inizialmente, avevano concesso ampio credito all'insegnante bolognese, risente anche della situazione pesante in cui si dibatte l'Unione sotto la guida italiana. Durante la presidenza Prodi il numero di frodi (come documenta il rapporto finale della commissione per il Controllo dei bilanci, relatore Herbert Bosch) è aumentato del 13% e gli importi accertati sono cresciuti del 35,8 per cento". Nella Relazione su "Tutela degli interessi finanziari della Comunità e lotta contro la frode", relatore Herbert Bosch, si critica l'operato della Commissione Ue guidata dal presidente italiano e lo stesso fa un altro rapporto, la "Relazione sulle misure adottate dalla Commissione Ue" dopo lo scandalo Eurostat, relatore Paulo Casaca.

DAMA DI FERRO. L'immagine di Prodi, poi, certo non si giova di una serie di polemiche di cui in Italia neppure giunge l'eco ma che trovano spazio sulla stampa europea, quali quelle seguite all'allontanamento del capo contabile e direttore per l'attuazione del Bilancio della Commissione europea, Marta Andreasen, donna di ferro che sin dai primi anni Novanta si era conquistata la fama di "cacciatrice di frodi".

Giulio Ferrari

19 aprile 2013