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Cinghiali radioattivi, guardia alta anche nella provincia di Lecco

Lecco - La scoperta in Piemonte, nella Valsesia, di 27 cinghiali contaminati da Cesio 137 (tracce riscontrate nella lingua e nel diaframma) fa scattare lo screening dei cinghiali che popolano le vallate del Nord Italia. Questo ungulato risulta presente anche nel Lecchese, seppure in una ridotta porzione di territorio.

CONSEGUENZA DI CHERNOBYL? Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha ipotizzato che i cinghiali radioattivi siano ancora una conseguenza della tragedia di Chernobyl che risale al lontano 1986. Ma, ha spiegato Clini, "il tempo di dimezzamento della radioattività è molto lungo, per cui è possibile". Ad allarmare è la quantità di Cesio 137 che, nei cinghiali piemontesi, supera addirittura di dieci volte la soglia massima stabilita dai regolamenti in caso di incidente nucleare.

SULL'ARCO ALPINO. Dato l'eccezionale livello di contaminazione riscontrato nei capi piemontesi, i controlli si spostano su tutto l'arco alpino comprese le zone della Lombardia dove è conosciuta la presenza di cinghiali. per quanto riguarda il Lecchese, il cinghiale è uno storico abitante dell'area compresa tra i 5 comuni del triangolo lariano, mentre gli ultimi avvistamenti di capi vaganti riguardano la Valsassina, altri ancora sono stati segnalati a Lierna e Perledo; nuclei stabili risultano in Val Varrone e sulle pendici del Legnone (zona di Colico).

NESSUNA CONTAMINAZIONE. L’assessore regionale all’Agricoltura, Giuseppe Elias, promette la massima attenzione anche se, al momento, non risultano contaminazioni radioattive. "L'episodio del Piemonte - assicura Elias - ci spinge comunque a non abbassare la guardia rispetto al tema del controllo e della sicurezza del territorio e degli alimenti, assicurata quotidianamente dagli esperti regionali".

9 marzo 2013