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Matteo Renzi a Lecco tra lo Stil Novo e la “guerra” contro i morti

Lecco - Il cosiddetto rottamatore delle vecchie carcasse in politica non poteva scegliere un palco più scricchiolante per presentare il suo ultimo libro "Stil Novo". Matteo Renzi, giovanilista sindaco fiorentino, sciacqua in Lario il verbo innovatore del Pd, contraddetto dalla perenne nomenklatura e dall'irrisolta questione morale che travaglia il partito. In tempi di folle dalla bocca buona, quattro battute e due pose valgono a passare da profeti e salvatori.

MOLTO BEN MISURATO. Largo a Renzi, dunque, che ha i numeri. Il suo credo possiede valore universale: ama l'ambiente e non la burocrazia. E, come se non bastasse, fa il giovane che vede di malocchio le cariatidi del partito. Bingo! Se poi ci mettiamo certe impennate (tipo la visita alla villa di Silvio Berlusconi), che attestano della sua libertà di coscienza dalle imposizioni della segreteria e dai vetusti retaggi dell'ideologia postcomunista, si completa il ritratto dell'homo novus sceso in campo a miracol mostrare. Eppure anche questo perfetto leader di un nulla politico molto ben misurato può ficcarsi in situazioni imbarazzanti, tipo l'abbraccio con un altro giovane (quanto si è spostata in avanti l'età della politica sbarbata...) di belle speranze.

RIGURGITO IDEOLOGICO. Il sassolino d'inciampo si chiama Virginio Brivio, scelto tra mille nel tour di presentazione dello "Stil Novo", come a lasciare intendere che la Lecco della nuova amministrazione e il suo sindaco ben si prestino quale cornice idonea all'esposizione del Renzi-pensiero. Proprio la città che, sotto la spinta della maggioranza attualmente insediata a Palazzo Bovara, sta conoscendo un rigurgito ideologico che più vecchio e stantio non si può. Renzi, infatti, deve sapere che, a guerra finita, nello stadio cittadino vennero fucilati 16 ragazzi (quelli sì, davvero giovanissimi) appartenenti alle forze armate della Repubblica sociale italiana, prigionieri dei partigiani. Un cosiddetto tribunale del popolo li condannò con la falsa accusa di aver sparato a tradimento, dopo aver alzato bandiera bianca.

RIMOZIONE DELLA TARGA. Il grande alpinista lecchese Riccardo Cassin, all'epoca coraggioso partigiano in prima fila nella battaglia che portò alla resa di quei militari, intervistato dal mensile dell'Anpi "Patria Indipendente" del dicembre 2002, spiegò che a continuare a sparare furono pochi soldati asserragliati in un edificio da cui non si vedeva la bandiera bianca. Non vi fu, dunque, alcun tradimento bensì una fucilazione ingiusta. Una decina d'anni fa, nei pressi del luogo dell'eccidio, le amministrazioni comunali e provinciali avevano posto una piccola targa coi nomi di quei caduti. Nei giorni scorsi, la nuova maggioranza di Virginio Brivio ha votato la rimozione della targa, cedendo al fanatismo, nell'indignazione dell'opposizione che in larga parte ha disertato l'aula. Ed ora, dopo la bella dimostrazione di nostalgismo ideologico che non risparmia neppure i morti, arriva Renzi a presentarci il dolce stil novo piddino...

Giulio Ferrari

30 maggio 2012