Da Lecco a Milano ritorna il randagismo
Lecco (Lècch) - La Lega nazionale per la difesa del cane lancia un preoccupante allarme: il ritorno del randagismo dalla provincia di Lecco a quella di Milano, con un numero sempre crescente di cani abbandonati a livello lombardo. Di seguito l'inquietante rapporto della sezione di Milano della Lega Nazionale per la Difesa del Cane.
Dopo anni in cui il fenomeno del randagismo era stato ampiamente arginato tramite gli strumenti microchip e Anagrafe Animali, stiamo assistendo ad una preoccupante controtendenza: gli accalappiamenti di cani rinvenuti sul territorio sono numerosissimi ed ormai si può parlare di vera e propria emergenza.
Nella maggior parte dei casi si tratta di cani che vengono portati dal Sud al Nord Italia tramite staffette, cani non microchippati che vengono poi fatti accalappiare nei Comuni del nostro territorio e poi accolti dapprima nei canili sanitari e successivamente nel nostro rifugio.
Ciò ha delle ripercussioni onerose su più fronti: - sanitarie, con la diffusione di gravi patologie come ad esempio la Leishmaniosi e la Giardiasi. Si tratta di malattie endemiche nelle zone del Sud Italia che appunto si stanno propagando anche al Nord; - economiche: le ATS ed i Comuni si trovano ad affrontare spese improvvise ed in taluni casi gli enti comunali cercano una soluzione convenzionandosi con strutture private che si propongono al ribasso delle spese. Queste spese non previste e le disponibilità economiche limitate portano i Comuni a negare il consenso nei casi di richiesta di cessione dell’ animale da parte di cittadini in difficoltà, famiglie disagiate, casi sociali; - gestionali: in quanto le strutture, come il nostro rifugio, non riescono più a lavorare in modo ottimale, programmando la propria attività; - benessere animale: un viaggio spesso di diverse ore sottopone questi animali a notevoli stress con conseguenze sulle loro condizioni fisiologiche.
Inoltre, diversi di questi animali “deportati” sono cani problematici: malati, diffidenti, fobici… cani destinati a rimanere in canile o di difficile adozione. Cani che qualcuno cerca di salvare ma che in realtà vanno ad aggravare una situazione di gestione già problematica. Inoltre, purtroppo, vi è anche un aspetto lucroso, qualcuno ha infatti trovato un nuovo business su cui fare leva, facendosi pagare per dei viaggi su mezzi non autorizzati.
Occorre che i Comuni attuino un piano d’azione atto a verificare la veridicità degli accalappiamenti, soprattutto a ragione del fatto che spesso i nominativi delle persone che segnalano i cani “randagi” sono gli stessi in diverse zone, nel Milanese, nell’ hinterland, a Segrate come anche a Merate. Occorre un protocollo d’ intervento urgente, controlli più rigidi ma anche azioni coordinate tra ATS, Regioni e Ministero, la predisposizione di un’anagrafe canina nazionale in quanto la stessa Anagrafe è attualmente su base regionale, azioni mirate a combattere il randagismo territoriale e locale del Sud Italia, per fare in modo che non venga esportato ma contrastato efficacemente dalle istituzioni preposte, esattamente com’era avvenuto al Nord Italia.
Infine, un’ ulteriore criticità che i canili si trovano ad affrontare è rappresentata dal crescente numero di cani morsicatori, spesso molossoidi di proprietà di privati non in grado di gestirli, persone inesperte che con superficialità sottovalutano l’impegno gestionale che questo tipo di cani comporta. Cani che finiscono spesso nei rifugi dove sono destinati a rimanere a vita, in quanto potenzialmente pericolosi e quindi non adottabili. Queste sono le nuove realtà che gli operatori si trovano ad affrontare e che stanno annullando i progressi fatti in questi ultimi anni in materia di prevenzione del randagismo.
Lega nazionale per la difesa del cane, sezione di Milano
5 dicembre 2017