Mamma che crisi: cacciati da cinque ristoranti per non aver prenotato
Caro direttore, non è per dare ragioni a Silvio Berlusconi, cosa che ormai potrebbe essergli solamente consolatoria, ma voglio comunque raccontare la mia esperienza di cliente di ristorante ai tempi della "crisi" (capirete presto perchè le virgolette mi sembrano doverose).
Nella giornata di domenica scorsa mi trovavo di passaggio nella provincia di Pavia e, visto che era l'ora di pranzo, io e i miei famigliari, quattro persone in tutto, abbiamo deciso di fermarci in un ristorante. Essendo in viaggio non avevamo alcuna prenotazione, errore da non fare mai confidando nel periodo di "vacche magre"... Al primo ristorante ci guardano come dei matti. Ma non avete prenotato? Le sale sono al completo! Per la cronaca, solo mettendo la testa nel locale, di sale ne abbiamo viste ben tre, tutte ampie e stracolme. Pochi chilometri e ci fermiano in un altro locale. Tutto occupato o prenotato.
Alla fine i ristoranti visitati invano, solo per far la figura dei fessi che non prenotano, ammontano a cinque. Al sesto, il colpo di fortuna con una prenotazione annullata e un tavolo che si libera per noi, ormai rassegnati a morire di fame. Piccolo particolare: i ristoranti pieni non erano dei fast food o mense per i poveri, ma posti di un certo livello; non si mangiavano hamburger e patatine ma cibarie degne di questo nome e del loro prezzo.
Insomma mi è venuto il sospetto che Berlusconi, al di là delle opinioni sul suo conto, non avesse tutti i torti dicendo di guardare i ristoranti per avere il "termometro" della crisi che, a quanto pare, per tanti è assai meno paurosa di quel che ci raccontano. Però questa paura a lungo strombazzata è servita per giustificare il passaggio di consegne, senza chiedere il pare degli elettori, a un certo Monti: uno che, crisi o non crisi, in fatto di ristoranti di lusso deve avere le idee chiare.
Silvana Todeschini
14 novembre 2011