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Se quel “grido di dolore” di Vittorio Emanuele diventa “grido d'orrore”

Lecco (Lècch) - Egregio direttore, il 10 gennaio 1859 Vittorio Emanuele II parlò in Senato del "grido di dolore" che saliva da "tante parti d'Italia". Oggi diventa "grido d'orrore". Ecco, di seguito, quel discorso.

«La crisi commerciale, da cui non andò immune il nostro paese, e la calamità, che colpì ripetutamente la principale nostra industria, scemarono i proventi dello Stato; ci tolsero di vedere fin d'ora realizzate le concepite speranze di un compiuto pareggio tra le spese e le entrate pubbliche. Ciò non v'impedirà di conciliare, nell'esame del futuro bilancio, i bisogni dello Stato con i principi di severa economia».

«Signori senatori, signori deputati, l'orizzonte, in mezzo a cui sorge il nuovo anno, non è pienamente sereno. Ciò non di meno vi accingerete con la consueta alacrità ai vostri lavori parlamentari. Confortati dall'esperienza del passato andiamo risoluti incontro all'eventualità dell'avvenire. Quest'avvenire sarà felice, riposando la nostra politica sulla giustizia, sull'amore della libertà e della patria. Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei consigli dell'Europa, perché grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira».

«Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché, nel mentre rispettiamo i trattati, "non siamo insensibili al grido di dolore" che da tante parti d'Italia si leva verso di noi. Forti per la concordia, fidanti nel nostro buon diritto, aspettiamo prudenti e decisi i decreti della Divina Provvidenza». Egregio direttore, dopo 150 anni siamo ancora al punto di partenza. Speriamo che chi di dovere ascolti il grido di dolore degli italiani prima che si trasformi in "grida di orrore".

Claudio Ratti

25 gennaio 2015