Metastasi: Brivio, un disastro. Ma in questa politica conta solamente l'urgenza di potere
Lecco (Lècch) - Solo pochi giorni fa avevamo azzardato una "assoluzione preventiva" da illazioni e sospetti nei confronti di Virginio Brivio. E la pensiamo ancora così, nonostante il sindaco di Lecco che, a giudicare dalle sue zoppicanti autodifese, sembra volerci mettere in imbarazzo.
EREDITA' GENETICA. Apriamo una parentesi dedicata, più in generale, al quadro politico lecchese. Sotto il Resegone i giri mafiosi si riducono ai soliti noti che "l'onorata società" ce l'hanno nel sangue come eredità genetica di nome e di fatto, ai quali si abbrancano pochi disperati e alcuni insospettabili traditi dall'avidità. A questa sottocategoria appartiene, certamente, qualche politico.
COLLAUDATA RECITAZIONE. Anzi, generalmente, questi ultimi sono i soggetti maggiormente predisposti ad entrare nel gioco mafioso, che richiede un requisito fondamentale: la capacità di dissimulazione propria della politica, dunque quell'attitudine collaudata nel recitare la parte in maniera convincente, chiave di volta del pubblico inganno. Che possegga il faccino pulito, la grinta del duro o la maschera da simpatico decisionista, il politico rampante saprà investire la dote naturale calandosi con destrezza nella situation comedy del proprio personaggio.
IL POPOLO BUE. Circostanza che spiega il degrado della cosa pubblica, brulicante di "eletti" che trattano ideali e ideologie al pari della carta igienica, facendone uso per il beneficio che possono riceverne. Dunque, mai come in politica sarebbe necessario diffidare di apparenze e proclami, cosa che ben di rado avviene perchè il popolo si mantiene bovino per definizione e, a dispetto di ogni evidenza, conserva fiducia e credulità. Chiusa la parentesi, torniamo al sindaco di Lecco.
SAPIENZA NEL CONDIRE. Brivio non ci ha mai convinto come amministratore: molto fumo, poco arrosto. Ma quanta sapienza nel condire piatti scarsi! La sua prima mossa fu di chiamare a Palazzo Bovara il segretario cittadino e vicesindaco piddino di Mantova, Paolo Razzano, quale addetto stampa. Un giovane di ottime speranze, lanciato come un missile alla corte di Matteo Renzi, tanto da lasciare il Lario (con felice tempismo) accompagnato dalle voci di alti incarichi nel partito. Brivio aveva puntato su un buon cavallo, rivelatosi, potenzialmente, formidabile aggancio nelle stanze che contano.
DE MINIMIS. Ora, siccome siamo convinti che la 'ndrangheta sia al servizio dei politici e non viceversa, respingiamo quelli che lo stesso Brivio ha definito illazioni e sospetti sul suo conto, rifiutandoci di credere che il sindaco di Lecco, uno che guarda lontano, possa, in qualche maniera, essersi adoperato per portare acqua al mulino di soggetti sconvenienti e irrilevanti. De minimis non curat praetor.
VIRGINIO C'E'. Se il nome di Brivio è finito malamente, pur senza rilievo penale, nella operazione Metastasi, la colpa è di quella urgenza di potere che l'ha indotto a dar dimostrazione che "Virginio c'è", consiglia, interviene, risolve. Quella brama del successo a cui sacrificare financo le istituzioni, con la inescusabile candidatura a Palazzo Bovara di un Ernesto Palermo nelle liste del Pd, peraltro risultato decisivo per la vittoria di Brivio al primo turno.
GETTARE LA SPUGNA. Quell'ansia che ha trascinato il sindaco a volteggiare qual piuma al vento sulla stampa cittadina, dicendo e disdicendo, preso in un vortice di contraddizioni, come sta documentando il sito di Qui Lecco libera che ne ha raccolto e confrontato le interviste. Un disastro. E qui, pietosamente per la città e per Brivio stesso, qualcuno dovrebbe gettare la spugna, nella rapidissima attesa che l'inesausta kermesse del potere infiammi di sé gli immancabili virtuosi del faccino pulito, della grinta del duro o della maschera da simpatico decisionista.
Giulio Ferrari
9 aprile 2014