I lecchesi sanno che non è peccato ribellarsi se il fisco supera il 20%?
Lecco (Lècch) - Egregio direttore, da cattolica non buonista e non fessa desidero esprimere la mia piena solidarietà e apprezzamento per don Marino Ruggero, il parroco "antitasse" di Laverda di Luisiana, nel Vicentino.
Questo sacerdote è stato criticato per aver detto, in materia di fisco, ciò che, da sempre, dice la Chiesa, e cioè che i cristiani hanno il diritto ed anche il dovere di ribellarsi al potere politico quanto le tasse sono esagerate. Ebbene, su un testo fondamentale della sana dottrina cattolica (Enciclopedia Cattolica, vol. XII, Città del Vaticano, 1954) leggo al riguardo che esiste un diritto di resistenza da parte del cittadino, se l'imposizione fiscale diventa troppo onerosa.
Il primo dovere di un buon padre di famiglia, infatti, è quello di provvedere ai suoi cari, e se la tassazione mette a repentaglio la possibilità di garantire ai propri famigliari una vita dignitosa, allora è legittimo, anzi doveroso cercare di difendersi dall'iniquo prelievo. Ma la dottrina cattolica va oltre, quantificando, lo hanno fatto i "moralisti", cioè i teologi di morale, le dimensioni del prelievo "onesto".
Ebbene, la tassazione, per essere giusta, non deve superare il 10-20% del salario del lavoratore. Al di là di questa cifra, il fisco diventa iniquo, e non risponde più al suo scopo primario, che è quello di consentire il bene dei cittadini, ma, al contrario, causa il loro male e la rovina sociale.
Come tutti sappiamo, in Italia la pressione fiscale supera il 50% del reddito famigliare, a fronte di stipendi tra i più bassi d'Europa! Il famoso "date a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare", non autorizza Cesare a rapinare i sudditi. Don Ruggero ha ragione da vendere, peccato che non faccia il parroco a Lecco: qui i cattolici sanno che non è peccato ribellarsi al potere se il fisco è iniquo?
Paola Colombo
1 marzo 2014