Venturini non fa più resistenza: “Niente targa. Anzi, un pannello”
Lecco - Nuovo pasticcio sulla mozione di Ezio Venturini che chiedeva la rimozione della targa dedicata alle vittime della strage del 28 aprile 1945. Il consigliere comunale lecchese ha cambiato idea: niente tabula rasa di una memoria scomoda, ma un pannello informativo sui fatti collegati alla fucilazione dei 16 prigionieri fascisti.
CAPRA E CAVOLI. All'origine dell'aggiustamento di tiro da parte di Venturini, la consapevolezza che la sua richiesta sarebbe andata incontro ad una bocciatura, perchè Virginio Brivio pare non abbia l'intenzione di passare alla storia lecchese come il sindaco che leva le lapidi ai morti. Qualcuno ha pensato a un compromesso per accontentare capra e cavoli, membri della stessa maggioranza: un'altra lapide "politicamente corretta" da affiancare a quella coi nomi dei caduti. Si è arrivati così alla seduta di lunedì 14 maggio del consiglio comunale, con l'ultimo colpo di scena. Venturini ha presentato un emendamento alla sua stessa mozione, col quale viene chiesto di "intraprendere un percorso condiviso con i promotori dell'affissione della targa al fine, in ogni caso, della sua rimozione e la sostituzione di essa con un pannello informativo che, nel ricordare l'episodio ivi avvenuto, lo contestualizzi nelle vicende che lo hanno preceduto".
TELENOVELA CONSILIARE. Alla fine, dunque, pare spuntarla il sindaco, che di questa imbarazzante appendice resistenziale avrebbe fatto probabilmente a meno. Venturini salva per quel che può la faccia, e si assicura l'agognata visibilità. La telenovela, infatti, non si conclude qui: altre puntate consiliari a spese del contribuente sono previste sino alla (ipotetica) conclusione della faccenda. Ora il nodo più cruciale resta il testo della nuova targa. E qui Venturini potrebbe averla combinata grossa perchè in molti avrebbero preferito che non si tornasse più a parlare di una strage che, a sinistra, crea qualche imbarazzo. I 16 giovanissimi fascisti, infatti, vennero fucilati dopo la sentenza di un cosiddetto tribunale del popolo che li accusò di tradimento per aver continuato a sparare dopo che il loro comandante aveva chiesto la resa.
BATTAGLIA DI LECCO. Ma proprio la polemica di questi giorni ha portato alla ribalta elementi trascurati, come la testimonianza del grande alpinistra Riccardo Cassin, che, da partigiano, partecipò in prima fila alla battaglia di Lecco contro quei militari dei battaglioni Leonessa e Perugia della Repubblica sociale italiana. "Io stesso - dichiarò Cassin in una intervista a Patria Indipendente, mensile dell'Anpi, del dicembre 2002 - venni ferito il mattino del 27, mentre dalla massicciata della ferrovia sparavo con un bazooka sui repubblichini asserragliati in un caseggiato. Caddero altri amici, Italo Casella, Angelo Negri, il liceale Alberto Picco, prima della resa degli assediati. Farfallino e altri tre saltarono su per la gioia: vennero fulminati sul posto da una raffica. In un'ala del fabbricato non si erano accorti che il loro comandante aveva esposto la bandiera bianca". Cassin spiega che, nei fatti, il tradimento non vi fu: semplicemente da quell'ala del fabbricato la bandiera bianca non si vedeva. Quei ragazzi vennero fucilati con una falsa accusa, ed ora Brivio dovrà fare i salti mortali per scrivere il testo del pannello invocato da Venturini.
Nella foto: la lapide, imbrattata da mano ignota, sul muro dello stadio di Lecco dove vennero fucilati i fascisti prigionieri.
15 maggio 2012