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Stop alla civilizzazione occidentale: è marcia

Non sono molti i testi che possono fulminare il lettore come Paolo sulla via di Damasco: il libro di Guillaume Faye e Stefano Vay, Per farla finita con la civilizzazione occidentale (Edizioni Moira), possiede questa dirompente virtù, emancipando da inveterate convinzioni chi si avventura tra le sue pagine.

In particolare, il saggio che presentiamo oggi potrà esercitare il proprio effetto medicinale soprattutto su chi ha creduto, in buona fede, di condividere princìpi di conservazione o persino valori della tradizione, convinzioni che vengono sovvertite dalla sgradevole ma cruciale rivelazione di scoprirsi, proprio malgrado, agente della dissoluzione politica, sociale e morale.

A tal proposito Guillaume Faye e Stefano Vay illustrano l'incapacità metodicamente indottaci di discernere la differenza antitetica tra il patrimonio di valori insiti nella civiltà europea e il fardello di marciume, di cui è portatrice la cosiddetta civilizzazione occidentale, fino a dimostrare l'essenza di questa quale morbo degenerativo della prima.

Accade dunque che il solerte difensore dell'occidentalismo operi, in realtà, per conto dei propri nemici, o perlomeno si consumi in battaglie fittizie. Gli autori, citano come esempio di finta sovversione (e vana reazione) il wokeismo tanto biasimato dai conservatori d'Occidente: in realtà, evidenzia Vay, tale ideologia «non ha assolutamente nulla di anti-occidentale», bensì «ciò che è impaziente di veder compiuto è il processo di cancellazione di quanto di europeo, troppo europeo, è ancora presente (...) nel retaggio complessivo della civilizzazione contemporanea».

Nella sistematica e spietata analisi della coppia Vay e Faye, vengono messi in luce i meccanismi della devianza che hanno consentito alla logica meschina dell'homo oeconomicus di insinuarsi nei cervelli della massa, una disamina che poggia sulla frattura tra i disvalori contemporanei spacciati per etica moderna e i princìpi a cui, per secoli, abbiamo attinto dal mondo classico.

Analisi lucida e rivelatrice che, a dirla tutta, pecca soltanto (in Faye) nell'assimilazione del Cristianesimo in sè al processo degenerativo della civilizzazione occidentale, come oggi appare per via delle mutazioni intervenute nella Chiesa cattolica a partire dalla fine degli anni Sessanta.

In realtà, come può essere disconosciuta la matrice antimodernista della Chiesa? Né l'epopea della Cristianità può essere riletta alla luce crepuscolare del Concilio Vaticano II, che in ambito cattolico è stato ciò che fu la Rivoluzione francese per la società tradizionale, operando una riduzione del messaggio cristiano che non trova riscontro nel Vangelo, nella Dottrina, nella Storia.

Sottacendo la matrice cristiana della communitas tripartita, strutturata in oratores, bellatores e laboratores, per secoli argine all'attuale società dei mercanti, si rischia di praticare la cancel culture o si finisce per mutuare proprio dalla civilizzazione occidentale espressioni equivoche come "giudeocristiani", senza tenere conto di come in quelli che, a ragione, vengono chiamati "secoli cristiani", ai giudei fosse destinato il ghetto.

Chiusa la parentesi "religiosa", delizia in "Per farla finita con la civilizzazione occidentale" la perspicacia con cui gli autori mettono a nudo gli ingranaggi sub culturali e anti politici dell'incivilimento modernista, svelando una "politica" di pura finzione attuata nei regimi dell'occidente, scenario di bassa recitazione in cui si dimena «sul piano ideologico come sul terreno politicante, una "destrasinistra", nuovo partito unico delle democrazie occidentali, che fa la comunione con l'atlantismo, la "difesa dell'Occidente" (già tema prediletto degli pseudoneofascisti), nel reaganismo, nella filosofia sommaria dei Diritti dell'Uomo, e nel conservatorismo.

In questo senso "Per farla finita con la civilizzazione occidentale" tende una mano vigorosa a chi annaspa nelle sabbie mobili di artificiose contrapposizioni, congeniali al vero potere, e non riesce a spiegarsi perchè la società dell'Occidente sprofondi in un progressivo degrado. Declino apparentemente inarrestabile, almeno fino a quando non sarà apparsa una generazione che avrà ritrovato nell'autentica civiltà europea le armi per chiudere il capitolo farlocco della civilizzazione occidentale.

G. F.

5 giugno 2025