Slow Food difende i pascoli, a Ballabio ci tiran su le fabbriche
Ballabio (Balàbi) - In occasione di Terra Madre Salone del Gusto, Slow Food presenta un nuovo progetto: quello a tutela dei prati ricchi in biodiversità, importanti per il pascolo degli animali e utili anche all’uomo. Ma che negli ultimi 50 anni, sulle Alpi, sono andati perduti per quasi il 45% del totale. Nel Lecchese, a Ballabio, è in gioco il destino del pascolo del Barech, con il sindaco Bussola favorevole al progetto di edificazione di una fabbrica sullo spazio verde.
Da Parco Dora in Torino, dove fino al 26 settembre si svolge la 14esima edizione di Terra Madre Salone del Gusto, Slow Food lancia una nuova sfida: combattere la scomparsa dei prati stabili e dei pascoli, quelli cioè non seminati ma ricchi in biodiversità naturale. Il progetto si fonda sulla valorizzazione dei prodotti ottenuti dall’allevamento di animali al pascolo o alimentati con foraggi o fieni ottenuti da prati naturali di pianura o pascoli di montagna.
Da più di trent’anni Slow Food si occupa di biodiversità alimentare, di agricoltura e di cibo; in questo caso, invece, accende un riflettore sulla perdita di biodiversità delle erbe dei prati, l’alimento prediletto non degli esseri umani ma dei ruminanti. Niente varietà alimentari coltivate, insomma: solo – si fa per dire – verdi e semplicissimi prati. Quelli con l’erba, quelli su cui capita di camminare in una passeggiata nel fine settimana, in pianura o in altura.
Non tutti i prati, però, sono uguali. Molti di quelli che vediamo intorno a noi, infatti, sono seminati, spesso con una sola essenza: ecco allora il significato dell’aggettivo stabili: si tratta di quelli naturali, spontaneamente ricchi di decine di erbe diverse. Nei prati stabili in pianura e in collina, di norma, le specie erbacee sono tra le venti e le trenta; in quelli di alta montagna - dove le mandrie e le greggi pascolano durante la bella stagione -possono addirittura arrivare a cento. I prati stabili in pianura sono ancor più rari perché negli allevamenti bovini, oggi prevalentemente in stalla, l’erba fresca è scomparsa dalle diete, che si basano sempre più su concentrati e piccole quantità di fieno.
Perché i prati stabili sono importanti? Sono uno strumento di lotta al cambiamento climatico: trattengono nelle radici il carbonio e non lo rilasciano facilmente, neppure se scoppia un incendio; sono importanti per la salute dell’uomo: il latte ottenuto da animali nutriti con le erbe di un prato stabile ha un valore nutrizionale eccellente, eÌ ricco di molecole antiossidanti come il beta-carotene e la vitamina E, ha un contenuto di acidi grassi “buoni” superiore a quello che si trova di solito nel latte o nei formaggi in commercio e ha un ottimo rapporto tra omega-6 e omega-3; fanno bene agli animali: brucare le erbe preferite, sdraiarsi a ruminare, migliora il loro benessere; sono oasi di biodiversità: di erbe, arbusti, insetti, uccelli e altri piccoli animali selvatici; mantengono l’equilibrio del territorio: un pascolo è più sicuro di un terreno abbandonato per diverse ragioni: quelli non curati (cioè quelli dove gli animali non pascolano) non assorbono a sufficienza le acque piovane, creando fenomeni di dilavamento e quindi ingrossamento dei torrenti e alluvioni, mentre nel caso degli incendi estivi, nei prati non gestiti si accumula una grande massa vegetale essiccata facilmente infiammabile; sono un’opportunità economica e turistica: i prodotti ottenuti da animali che si nutrono nei prati stabili hanno proprietà organolettiche eccellenti; rappresentano un patrimonio culturale: prati e pascoli sono legati alla cultura pastorale e al suo patrimonio di saperi, tramandati da millenni; splendono di bellezza: difenderli significa proteggere anche il paesaggio.
«È incredibile quanti effetti positivi abbia un prato stabile, sul clima, sugli animali, sulla biodiversità e naturalmente sulla salute dell’uomo» ha commentato la direttrice generale di Slow Food Italia, Serena Milano. «Quello appena presentato è un progetto a medio-lungo termine, perché per rigenerare un prato ci vogliono anni e noi vogliamo coinvolgere chi è interessato a creare, o rinnovare, un prato che oggi stabile non è. Lo potremo fare anche grazie ai partner che ci accompagnano in questa avventura».
Come si proteggono i prati stabili? E ne hanno davvero bisogno? Le superfici di prati stabili si stanno riducendo a ritmi vertiginosi da sessant’anni a questa parte, da quando è stato stravolto il modo di coltivare (ricorrendo alla chimica di sintesi, alle monocolture, all’agricoltura intensiva, agli Ogm) e allevare (secondo un approccio industriale che privilegia le stalle e l’alimentazione a base di concentrati e di insilati di mais). Sulle Alpi italiane, sono scomparsi 800 mila ettari di prati: il 45% dei pascoli presenti cinquant’anni fa. Nell’Unione europea ne è andato perduto il 16%. Dal 1969 a oggi sono stati cancellati all’incirca centodiecimila chilometri quadrati di prati stabili: un’area grande quanto la Bulgaria.
«In Italia, la superficie occupata dai prati naturali si aggira sui 32mila chilometri quadrati, ma negli ultimi 40 anni abbiamo perso un quarto del totale a causa dell’urbanizzazione della pianura, l’industrializzazione dell’agricoltura e l’abbandono della montagna» ha aggiunto Giampiero Lombardi, docente di alpicoltura all’Università di Torino. I numeri non sono però sufficienti a spiegare tutto: proprio nel cuore di Torino, accanto all’ospedale Amedeo di Savoia, è stata di recente scoperta una porzione di prato stabile: «Che sia resistita all’avanzare delle città è inaspettato e significativo – ha concluso Lombardi – e ci fa ben sperare per il futuro».
Invertire la tendenza, ripristinare questi ecosistemi preziosi, è l’obiettivo del progetto “Salviamo i prati stabili” di Slow Food, presentato a Terra Madre Salone del Gusto 2022. La chiave per riuscirci è duplice: da un lato, si lavorerà per coinvolgere un numero sempre maggiore di allevatori e di produttori, sia valorizzando le produzioni lattiero-casearie ottenute da animali allevati al pascolo e nutriti con fieno di prati stabili sia sostenendoli nel ripristino di questi ambienti grazie alla collaborazione di tecnici e studiosi; dall’altro lato, occorre portare all’attenzione dei consumatori l’importanza di questo tema. In questo Eataly, convinto sostenitore e parte attiva del progetto, potrà svolgere un ruolo importante accogliendo, promuovendo e creando occasioni di conoscenza e acquisto presso il grande pubblico di prodotti unici come quelli che “Salviamo i prati stabili” saprà valorizzare.
«Con Slow Food esiste una collaborazione di lunga data e che ha toccato molti ambiti, dalla difesa delle api al mondo dei semi, passando per la tutela della biodiversità» ha dichiarato Nicola Farinetti, amministratore delegato di Eataly. «Siamo felici di contribuire a valorizzare i prodotti ottenuti da allevamenti basati sui prati stabili. Farlo richiede che qualcuno si occupi della vendita di quelle eccellenze: noi ci occuperemo anche di questo, aprendo una finestra verso i nostri clienti che presto si renderanno conto dell’immensa goduria per il palato di questo progetto».
Che cosa farà Slow Food per salvare i prati stabili? Slow Food metterà a punto un disciplinare per la gestione del prato stabile e la produzione di latte e formaggi da animali al pascolo su prato stabile, realizzerà una mappatura delle realtà virtuose in Italia per valorizzarle e avvierà alcune attività pilota insieme ad allevatori disponibili a riconvertire a prato stabile i terreni oggi coltivati a monocolture o a migliorare i fieni con cui vengono nutriti i loro animali.
Il progetto dei prati stabili fa parte di una strategia più ampia di Slow Food, quella sull’allevamento, illustrata nel recente documento di posizione Oltre il benessere: gli animali d’allevamento meritano rispetto. Nel frattempo a Terra Madre, per celebrare l’avvio del progetto di tutela dei pascoli e dei prati stabili, gli allevatori e i produttori caseari di varie regioni d'Italia hanno portato i loro fieni. Nell'area biodiversità è possibile ritrovare i profumi delle praterie alpine delle Dolomiti trentine e quelli delicati dell'alta Langa piemontese, le erbe di cui si nutrono le pecore di Carmasciano, in Campania, e i fieni della macchia barbaricina.
Grazie all’Università di Torino, ogni sacco riporta i nomi delle erbe contenute, mentre quell’angolino di prato stabile sorprendentemente ritrovato nelle aree verdi dell'ospedale Amedeo di Savoia ci ricorda che anche un ciuffo d'erba umilissima, stropicciato e disordinato nasconde un piccolo mondo di biodiversità. Il progetto Salviamo i prati stabili e i pascoli è realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (Disafa) e il Dipartimento di Scienze Veterinarie (Dsv) dell’Università di Torino, l’Università di Palermo, l’Institut Agricole Régional della Valle d’Aosta e la Fondazione Mach.
Partner tecnici sono Agricoltura Simbiotica e il Laboratorio Chimico della Camera di Commercio di Torino. Nel progetto ha un ruolo importante Eataly, per il suo sostegno e per il suo impegno nel promuovere i prodotti derivanti da allevamenti al pascolo su prati stabili.
Nella foto, il pascolo del Barech a Ballabio a rischio industrializzazione; Giovanni Bruno Bussola, sindaco di Ballabio, favorevole all'industrializzazione del pascolo del Barech.
24 settembre 2022