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Peste suina africana: allarme dell'Ats
Lecco (Lècch) - L'Agenzia di tutela della salute della Brianza lancia un allarme preoccupante: anche in Europa sta diffondendosi la peste suina africana (Psaf), gravissima malattia infettiva dei suini e dei cinghiali, di solito mortale per questi animali, per cui non esiste vaccino né cura.
 
La raccomandazione dell'Ats è quella di non portare in Italia, prodotti a base di carne suina o di cinghiale, quali, ad esempio, carne fresca e carne surgelata, salsicce, prosciutti, lardo, salvo che i prodotti non siano etichettati con bollo sanitario ovale.
 
La Psaf ha gravi conseguenze socio-economiche nei Paesi in cui è diffusa, anche se gli esseri umani non sono comunque sensibili alla malattia. I segni tipici della peste suina africana includono febbre, perdita di appetito, debolezza, aborti spontanei, emorragie interne con emorragie evidenti su orecchie e fianchi.
 
I ceppi più aggressivi del virus sono generalmente letali (il decesso avviene entro 10 giorni all’insorgenza dei primi sintomi), mentre gli animali infettati da ceppi meno aggressivi del virus della peste suina africana possono non mostrare i tipici segni 
clinici. Nell'Africa sub-sahariana la peste suina africana è endemica, mentre in Europa è stata endemica in Sardegna per parecchi decenni. Nel 2017 è stata segnalata in Repubblica Ceca e nel 2018 in Ungheria, Romania, Bulgaria e Belgio.
 
La malattia si sta ancora diffondendo tra i cinghiali selvatici, dove contenerla è più difficile. In Italia non si sono ancora verificati casi, ma è fondamentale informare per prevenire l'introduzione della peste suina africana che si sta diffondendo anche nella Comunità Europea, con rischi pesantissimi sull'esportazione di tutti i prodotti con carne suina.
 
Il settore suinicolo è uno dei settori agricoli economicamente più significativi nell’Unione europea e in Italia rappresenta l'8,5% della produzione totale dell'industria agricola europea, la più alta rispetto ad altri settori della produzione di carne. Le carni suine rappresentano il 50% del totale della produzione di carne nell'Ue. La carne suina e i prodotti derivati sono quelli maggiormente esportati di tutte le carni prodotte nell'Ue, rappresentando il 62% delle esportazioni di carne totali.
 
La trasmissione può avvenire attraverso il contatto diretto di maiali o cinghiali sani con suini o cinghiale selvatici infetti (morti o malati) o tramite morsi di zecche infette. Tuttavia, gli uomini e soprattutto i cacciatori, benché non siano colpiti dalla malattia, possono contribuire a diffonderla tramite: qualsiasi contatto con animali infetti e carcasse, contatto con qualsiasi materiale contaminato dal virus (ad es. abbigliamento, veicoli, altre attrezzature), alimentazione degli animali (suini domestici) con carne o prodotti a base di carne proveniente da animali infetti (ad esempio salsicce o carne non cotta) o con rifiuti contenenti carne infetta (ad esempio rifiuti di cucina, mangimi, comprese le frattaglie).
 
La circolazione di animali infetti, i prodotti a base di carne di maiale contaminata e lo smaltimento illegale di carcasse sono le modalità più rilevanti di diffusione della malattia. Per prevenire la diffusione della malattia, raccomanda l'Ats lecchese, occorre non portare in Italia, dalle zone infette comunitarie, prodotti a base di carne suina o di cinghiale, salvo che i prodotti non siano etichettati con bollo sanitario ovale; non portare in Italia prodotti a base di carne suina o di cinghiale, freschi o surgelati, salsicce, prosciutti, lardo da Paesi extra-europei; smaltire i rifiuti alimentari in contenitori idonei e non somministrarli ai suini domestici; non lasciare rifiuti alimentari in aree accessibili ai cinghiali; informare tempestivamente i servizi veterinari del ritrovamento di un cinghiale selvatico morto.
 
Gli allevatori, inoltre, dovranno rispettare le norme di biosicurezza, in particolare cambiare abbigliamento e calzature quando si entra o si lascia l’allevamento e scongiurare i contatti anche indiretti con cinghiali o maiali di altri allevamenti; notificare tempestivamente ai servizi veterinari sintomi riferibili alla Psa e episodi di mortalità anomala.
 
I cacciatori hanno un ruolo chiave da svolgere, in collaborazione con le autorità sanitarie, per prevenire il diffondersi della malattia e per individuarne tempestivamente l’eventuale presenza. I cacciatori devono informare tempestivamente i servizi veterinari il ritrovamento di un cinghiale selvatico morto; pulire e disinfettare le attrezzature, i vestiti, i veicoli e i trofei prima di lasciare l’area di caccia; eviscerare i cinghiali abbattuti solo nelle strutture designate; evitare i contatti con maiali domestici dopo aver cacciato; nel caso di caccia in altri Paesi, non portare in Italia prodotti a base di carne suina o di cinghiale, salvo che i prodotti non siano etichettati con bollo sanitario ovale.
 
I cacciatori possono fare la differenza, nel bene e nel male, perchè possono aumentare o ridurre la diffusione della malattia. Per segnalazioni relative a cinghiali morti (anche a seguito di incidente stradale), l'Ats ricorda che è possibile avvisare  la Polizia provinciale di Lecco ai seguenti numeri di telefono: in orario d’ufficio 0341295254, fuori orario d’ufficio 03158888.

Nella foto: cinghiali catturati in provincia di Lecco.
 
3 dicembre 2018