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In morte di Scalfaro: lettera di De Curtis

Roma - È morto per arresto cardiaco l'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Il decesso di quello che fu il nono capo dello Stato, in carica dal 1992 al 1999, è avvenuto a Roma nella notte tra sabato e domenica. Nato a Novara il 9 settembre 1918 da padre calabrese e madre piemontese, Scalfaro è stato al centro di numerose polemiche.

FAMA DEL MORALISTA. Dopo aver giurato fedeltà al fascismo per entrare in Magistratura, al crollo del regime entrò come pubblico accusatore in quei tribunali speciali che, a guerra finita, condannarono a morte diversi militari fascisti. In tempi successivi, Scalfaro si dichiarò contrario alla pena di morte. Nel 1946, Scalfaro entrò in parlamento delle fila della Democrazia cristiana. Approdato a Roma fu protagonista di un episodio che gli valse la fama del moralista. Il fatto accade nel ristorante romano "da Chiarina", in via della Vite: spalleggiato dai colleghi di partito Sampietro e Titomanlio, Scalfaro rivolse parole di fuoco (ma i giornali parlarono anche di uno schiaffo, passato alla storia come "lo schiaffo di Scalfaro") a una giovane signora, Edith Mingoni in Toussan, colpevole di indossare un abito da sera che mostrava le spalle nude.

COSA ABOMINEVOLE. L'ex magistrato apostrofò così la signora: "È uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di rimettere il bolerino!". La donna, militante del Movimento sociale italiano, non si fece intimidire, allora Scalfaro chiamò la Polizia. Nei guai, però ci finì lui, querelato per ingiurie. Il processo non si fece per una provvidenziale amnistia, ma il padre della Mingoni in Toussan (un colonnello pluridecorato dell'aeronautica militare a riposo) sfidò a duello. Lo stesso fece il marito della signora, anch'egli ufficiale dell'aeronautica. Scalfaro rifiutò di battersi e la cosa indignò il principe Antonio Focas Flavio Comneno De Curtis, in arte Totò, che fece pubblicare la lettera il cui testo riportiamo di seguito.

LA LETTERA DI TOTO'. "Ho appreso dai giornali che Ella ha respinto la sfida a duello inviataLe dal padre della signora Toussan, in seguito agli incidenti a Lei noti. La motivazione del rifiuto di battersi da Lei adottata, cioè quella dei princìpi cristiani, ammetterà che è speciosa e infondata. Il sentimento cristiano, prima di essere da Lei invocato per sottrarsi a un dovere che è patrimonio comune di tutti i gentiluomini, avrebbe dovuto impedire a Lei e ai Suoi Amici di fare apprezzamenti sulla persona di una Signora rispettabilissima. Abusi del genere comportano l'obbligo di assumerne le conseguenze, specialmente per uomini responsabili, i quali hanno la discutibile prerogativa di essere segnalati all'attenzione pubblica, per ogni loro atto. Non si pretende da Lei, dopo il rifiuto di battersi, una maggiore sensibilità, ma si ha il diritto di esigere che in incidenti del genere, le persone alle quali il sentimento della responsabilità morale e cavalleresca è ignoto, abbiano almeno il pudore di sottrarsi al giudizio degli uomini, ai quali questi sentimenti e il coraggio civile dicono ancora qualcosa". Principe Antonio Focas Flavio Comneno De Curtis.

29 gennaio 2012