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La decadenza cattolica e quegli strani preti che mandano Giuda in paradiso

Lecco (Lècch) - Esule, come molti altri fedeli, dalla mia parrocchia di origine, un tempo per motivi ed impegni di lavoro che non mi davano il tempo e l'opportunità per frequentarla, da tre anni a questa parte in ragione dell'infelice scelta da parte del vescovo di nominare alla sua “guida” un certo individuo – immagino che sia facile intuire a chi mi riferisca, personaggio che nella boria e supponenza di chi, forse, pensava di diventare un “affermato” e “alla moda” teologo, biblista o liturgista, con le sue “parole, opere ed omissioni” (liturgiche) è riuscito fin da subito a dividere la comunità dei fedeli, tanto da portare alcuni, che chiedevano solo di poter avere una guida che li mantenesse nella Chiesa Cattolica e nella sua tradizione, addirittura ad una raccolta firme per chiederne l'allontanamento – pur di non dover più sentire, vedere e sorbire le sue scempiaggini, mi sono fatto ramingo tra le parrocchie del nostro territorio e quelle nei pressi del mio luogo di lavoro.

Questo Sacro Triduo Pasquale l'ho vissuto nella piccola ma pittoresca parrocchia che si affaccia su un estremo lembo del nostro ridente lago, retta da un sacerdote circondato da un nutrito numero di chierichette e chierichetti, cantori e fedeli appassionati e disinteressati che curano l'aspetto liturgico con quella miscela sapiente di chi «estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Ma con mio profondo disappunto velato da una nota di tristezza e scoramento, ecco, tuttavia, nella predica del Giovedì Santo, spuntare quella perniciosa ostinazione a voler salvare Giuda Iscariota, che speravo di non sentire più; concludendo come al solito la sua omelia con un racconto “edificante”, ecco che il fervoroso sacerdote narra di Cristo, asceso ormai al cielo, che aspetta per banchettare che dalla porta entri l'ultimo degli ospiti, quasi il più atteso: Giuda.

Francamente questa volontà di voler propinare ai fedeli la favoletta che anche l'Iscariota si sia salvato mi ha un po' stufato, oltre che essere un grave e pernicioso errore. Speravo di non sentire più queste cose, una volta scelta la via dell'esilio, dopo averle udite fin troppe volte per più di quindici anni pronunciate dall'individuo di cui ho parlato all'inizio, spintosi fino ad affermare che il Giovedì Santo non sia la memoria dell'istituzione da parte di Cristo dei Sacramenti dell'Eucarestia e del Sacerdozio ma, piuttosto, “la festa del nostro caro, povero, amico Giuda”.

Propinare che il traditore si sia salvato, oltre che un errore, non gli rende neppure un buon servizio: chi si ostina a volerlo salvare pare negare ch'egli potesse avere il libero arbitrio, ritraendolo come fosse “predestinato” (nell'accezione calvinista: arbitrariamente ed immotivatamente Dio destina una parte delle creature umane al paradiso, cioè alla salvezza eterna, e un'altra alle pene eterne dell'inferno indipendentemente dalla loro responsabilità, con le loro azioni e scelte, di arrivare al destino voluto per loro da Dio) o “posseduto”, quasi condannato contro la sua volontà e libertà ad essere il traditore per dare compimento alle scritture e alle profezie. E così appare ad una lettura dei Vangeli, che precisano il momento in cui «il diavolo entrò in lui» (Lc 22,3; Gv 13,2 e 13,27).

Ma Giuda non si salva perché, pur dopo essersi pentito del tradimento ed aver restituito il denaro ricevuto (Mt 27,3-4), dispera della salvezza che gli verrebbe proprio dalla gloriosa Passione e Risurrezione di Gesù Cristo, dal confessare i propri peccati e professare la propria fede in Cristo Salvatore, e si impicca (Mt 27,5).

A differenza dell'Iscariota, il Buon Ladrone – che per essere stato condannato alla pena della crocifissione non doveva aver semplicemente rubato una gallina, ma doveva aver commesso qualche crimine ben più grave ed atroce – anche se inizialmente con il suo compare insulta e schernisce Gesù (Mt 27,44; Mc 15,32; Lc 23,39), poi si pente, confessa i suoi peccati, professa la sua fede in Cristo Salvatore (Lc 23,40) e viene da Gesù subito accolto in Paradiso: «oggi sarai con me in Paradiso» (Lc 23,43). Questo non lo dico né lo invento io.

Capisco che per chi abbraccia il sacerdozio nella chiesa moderna, e specialmente in quest'epoca “misericordiosa” di confusione bergoglina in cui i presuli, senza più una guida forte, ferma e sicura, stanno dicendo (e facendo) tutto e il contrario di tutto, la teologia e la Parola di Dio siano ormai opinabili, ma basterebbe prestare attenzione alla liturgia, che nella prima orazione della Santa Messa del Giovedì in Coena Domini (e prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II anche nelle Lodi e nell'Ora Terza del Giovedì Santo e nelle Lodi del Sabato Santo) spiega che, appunto, il Buon Ladrone si è salvato mentre Giuda si è condannato alla dannazione eterna.

O almeno che si legga il padre nobile della nostra letteratura, il sommo poeta Dante (Inf. XXXIV, 57-63): «Da ogne bocca dirompea co’ denti un peccatore, a guisa di maciulla, sì che tre ne facea così dolenti. A quel dinanzi il mordere era nulla verso ’l graffiar, che talvolta la schiena rimanea de la pelle tutta brulla. "Quell’anima là sù c’ ha maggior pena", disse ’l maestro, "è Giuda Scarïotto, che ’l capo ha dentro e fuor le gambe mena».

Quindi basta con questa ostinazione a voler salvare Giuda... quasi per trovare una giustificazione alla mancanza di fede che pare avere, a sua volta, come estrema conseguenza un ecumenismo e un dialogo interreligioso “alla moda”, dove ormai tutto è relativo e negoziabile in nome di un chimerico “comunque vogliamoci bene”.

Attilio Castagna

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Gentilissimo signor Castagna, capisco la sua amarezza e la condivido, perchè, le confesso, provo la triste sensazione che ci stiano rottamando la religione cattolica. La bimillenaria dottrina fondata sul rigore evangelico, di grande profondità spirituale e spessore teologico, sta lasciando il posto a manifestazioni di banalità e idiozia allo stato puro: canzonette, balli, abbracci, salti, girotondi, moine, pensierini e melensaggini varie. In tale ottica di annichilimento della nostra religione, anche la vicenda di Giuda viene rivisitata e corretta.

A parer mio, Giuda si vuole "graziato" soprattutto per negare l'esistenza dell'inferno, fattore di "scandalo" per i fautori del buonismo. Costoro sentenziano che "Dio non giudica", quando nello stesso Credo recitiamo che Cristo verrà " a giudicare i vivi e i morti", a dispetto degli iscarioti di oggi, che stanno tradendo la religione rivelata da Dio per adattarla ai disegni della società globalizzata ed ai comodi loro.

In realtà, il giudizio di Cristo su Giuda pare già scritto: "Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato", si legge nel Vangelo (Matteo 26,24-25). Questo è quanto sappiamo di Giuda. Poi, però, ben lungi dall'accreditare facili assoluzioni, dobbiamo ammettere che nessuno può dire se, con l'ultimo respiro esalato mentre pendeva dalla corda, il traditore abbia chiesto perdono a Dio.

Giulio Ferrari

24 aprile 2017