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Addio al cardinale Biffi, la scomoda voce cattolica sull'immigrazione

Lecco (Lècch) - Mercoledì una grande folla si è raccolta nella cattedrale di Bologna per l'estremo saluto all'arcivescovo emerito, cardinale Giacomo Biffi, figura di riferimento anche per molti lecchesi. Sotto il Resegone, Biffi resta un caposaldo anche in questo momento, col territorio pesantemente coinvolto nelle politiche immigrazioniste del governo.

FEDE VIVA. Il principe della Chiesa ha concluso i suoi giorni terreni in una santa accettazione del dolore, come testimoniato nella sua predica dall'arcivescovo Carlo Caffarra: «Fu maestro di fede anche nella lunga tribolazione della malattia: non potrò mai dimenticare il modo con cui accettò l'amputazione di una gamba. Il volto emanava serenità, pace, abbandono. La fede era diventata vita nel senso più profondo».

LA VIA STRETTA. Della fede cattolica, Biffi, uomo di vastissima cultura quanto fine e dotto teologo, fece la bandiera e il grande amore di tutta la sua esistenza, prodigandosi allo scopo prioritario di portare a salvezza le anime, attraverso la «via stretta» di cui parla il Vangelo, cioè nell'affermazione scomoda della verità. Una verità che il cardinale sempre seppe coniugare al buon senso, senza tenere in alcun conto i "dogmi" del linguaggio politicamente corretto e le regole del consenso mondano che, dal Vaticano II in poi, parecchi perseguono anche nella Chiesa di Cristo.

PAROLE ILLUMINANTI. La Chiesa di Biffi è la vera Chiesa del Vangelo, dove vale una condotta precisa: sì, quando è sì, no quando è no, perchè, insegna Gesù, «tutto il resto viene dal demonio». In questa attitudine profondamente cristiana, il cardinale ebbe parole illuminanti anche sulle grandi emergenze dei nostri tempi: lo spostamento di masse straniere nelle nazioni della Cristianità e le strategie dell'islamizzazione.

REGOLARE L'IMMIGRAZIONE. Profetici gli insegnamenti che l'arcivescovo di Bologna ebbe sul diritto e dovere degli Stati di regolare l'immigrazione, al fine di tutelare il bene di tutti e il futuro e la sopravvivenza dei popoli cristiani. Già il 30 settembre 2000, nel suo intervento al Seminario della Fondazione Migrantes, Biffi affermò che «...non se ne può dedurre che una nazione non abbia il diritto di gestire e regolare l'afflusso di gente che vuol entrare a ogni costo. Tanto meno se ne può dedurre che abbia il dovere di aprire indiscriminatamente le proprie frontiere».

ACCESSI VIGILATI. E ancora: «Bisogna piuttosto dire che ogni auspicabile progetto di pacifico inserimento suppone ed esige che gli accessi siano vigilati e regolamentati. E' tra l'altro davanti agli occhi di tutti che gli ingressi arbitrari - quando hanno fama di essere abbastanza agevolmente effettuabili - determinano fatalmente da un lato il dilatarsi incontrollato della miseria e della disperazione (e spesso pericolose insorgenze di intolleranza e di rifiuto assoluto), dall'altro il prosperare di un'industria criminale di sfruttamento di chi aspira a varcare clandestinamente i confini».

LANDA DESERTA. Fautore della necessità di aiutare i popoli a casa loro, invece che deportarli, come ha fatto la Chiesa per secoli, Biffi ammonì sulla necessità di salvaguardare l'identità cristiana del nostro Paese, di fronte ai rischi di una immigrazione indiscriminata, privilegiando gli ingressi di cristiani: «L'Italia non è una landa deserta o semidisabitata, senza storia, senza tradizioni vive e vitali, senza una inconfondibile fisionomia culturale e spirituale, da popolare indiscriminatamente, come se non ci fosse un patrimonio tipico di umanesimo e di civiltà che non deve andare perduto».

CRISTIANA O MUSULMANA. La grande premura di Biffi fu quella del "buon pastore", che vede addensarsi nubi nere sulla strada del gregge cristiano. «Io penso - disse - che l'Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la "cultura del niente", della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l'atteggiamento largamente dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa "cultura del niente" (sorretta dall'edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all'assalto ideologico dell'Islam, che non mancherà: solo la riscoperta dell'avvenimento cristiano come unica salvezza per l'uomo - e quindi solo una decisa risurrezione dell'antica anima dell'Europa - potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto».
 
IL DRAMMA. Ma se, nei secoli cattolici, la Chiesa fu il baluardo dei popoli europei, oggi il Vangelo viene riletto alla luce di un artefatto buonismo che snatura la parola di Dio e pregiudica il futuro dei cristiani e della fede. A questa degenerazione spirituale si aggiunge il nichilismo dominante. E il gioco è fatto. «Purtroppo - rilevò infatti il cardinale - né i "laici" né i "cattolici" pare si siano finora resi conto del dramma che si sta profilando. I "laici", osteggiando in tutti i modi la Chiesa, non si accorgono di combattere l'ispiratrice più forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi valori di razionalità e di libertà: potrebbero accorgersene troppo tardi. I "cattolici", lasciando sbiadire in se stessi la consapevolezza della verità posseduta e sostituendo all'ansia apostolica il puro e semplice dialogo a ogni costo, inconsciamente preparano (umanamente parlando) la propria estinzione. La speranza è che la gravità della situazione possa a un certo momento portare a un efficace risveglio sia della ragione sia dell'antica fede».

19 luglio 2015