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Acqua pubblica, a Lecco il voto referendario non vale niente

Lecco (Lècch) - Mentre a Roma il Pd salvava Azzolini dall'arresto, mercoledì, il Pd locale, ovvero la longa manus dei suoi sindaci, affossava l'esito del referendum sull'acqua pubblica, almeno per quanto riguarda la sua applicazione lecchese. 54 primi cittadini hanno offerto il servizio idrico per i prossimi 20 anni a Lario reti holding, società priva dei requisiti di legge.

DESIDERATA. Il voto, alle 20.30 in Sala Ticozzi a Lecco, ha visto solo 9 sindaci rifiutare di adeguarsi ai desiderata piddini: Cernusco, Merate, Oggiono, Ello, Santa Maria Hoè, Ballabio, Torre De Busi, Sueglio e Barzio, che hanno votato contro. Astenuti Olginate, Cremeno, Monticello, Molteno e Colico.

L'ATTO DI FEDE. La situazione era stata denunciata, alla vigilia del voto, dal segretario provinciale del Carroccio. «Ai sindaci - ha dichiarato Flavio Nogara - con la richiesta di affidare il servizio idrico a Lario reti holding viene richiesto un atto di fede al Pd, la Lega Nord chiede al contrario un atto di responsabilità nei confronti dei cittadini, che in questi ultimi 6 anni hanno già subito l’aumento del 280% delle tariffe dell’acqua, non votando questa delibera palesemente contraria alla normativa, considerato che la Corte dei Conti si è già espressa senza mezzi termini indicando che l'affidamento ha effetto su una società che abbia i requisiti al momento delle candidatura e non dopo».

CONTROLLO. «L'acqua è un bene prezioso, ma è e deve restare un bene pubblico, sotto il diretto controllo dei Comuni, non un business privato!», ha detto Flavio Nogara. ammonimento rimasto lettera morta, al pari della sentenza della Corte dei Conti del 22 aprile 2015 dove si sottolinea che “la legittimità dell'affidamento del servizio va valutata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento dell'adozione del provvedimento”; e quindi  al momento dell'affidamento “devono sussistere tutti i requisiti e presupposti legittimanti l'affidamento diretto"; ne discende che una modifica di uno statuto societario, intervenuta successivamente, “quand’anche dovesse configurare un’integrazione della forma di controllo consentita agli enti, non sarebbe valutabile ai fini di ritenere integrato il requisito mancante”. Sulla base di questa sentenza e di una consolidata giurisprudenza, potrebbe non bastare la promessa di Lrh di sanare in futuro le proprie inadeguatezze.

30 luglio 2015