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Pasturo, la crociata di Carozzi contro i “formaggi di latte finto”

Pasturo (Pastür) - Alla insegna del significativo motto "tradizione casearia o piccoli chimici", dalla Valsassina parte la sacrosanta crociata per fermare i "formaggi di plastica". Carozzi formaggi, nota azienda locale, tuona contro i prodotti che, in virtù dell'ennesimo sopruso compiuto ai nostri danni dall'Unione europea, potranno essere realizzati con latte in polvere.

CAMBIO DI LEGGI. Se ne parla ormai da giorni sia all’interno del comparto alimentare che nella cronaca nazionale: vi è la possibilità che in futuro, anche in Italia, i formaggi possano essere prodotti con latte in polvere. Bruxelles, infatti, è intervenuta per correggere la legislazione italiana che proibisce i formaggi chimici.

LIBERA CIRCOLAZIONE. La lettera di messa in mora arriva dalla Commissione europea e deriva dalla presenza, all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, della legge 138 del 1974 che vieta l’utilizzo di latte in polvere per la produzione di formaggi. La legge in questione, secondo quanto segnalato dalla Commissione europea al Governo italiano, violerebbe la libera circolazione delle merci all’interno dell’Ue, motivo per il quale è stato chiesto di modificarla, introducendo la possibilità di produrre formaggi anche con latte in polvere.

LA MATERIA PRIMA. La storia del formaggio trova origine addirittura nella mitologia, con racconti che parlano di ninfe greche e personaggi quali Polifemo intenti a gustare questo prodotto antichissimo, che ha visto poi uno sviluppo nel tempo con tecniche di lavorazione sempre più moderne, partendo da quelle scoperte da Etruschi e Romani fino ad arrivare ad oggi. Produzione, utilizzo e conservazione del formaggio sono mutati fortemente nel tempo, mantenendo tuttavia un fil rouge costante: la presenza del latte come materia prima.

POLVERI CHIMICHE. Cosa succederebbe qualora la “diffida” della Commissione Europea dovesse trovare esito positivo? Si mangeranno “non formaggi” creati con polveri chimiche? Sicuramente la modifica della legge non riguarderebbe i formaggi DOP (a Denominazione di Origine Protetta) perché fortunatamente hanno un “disciplinare di produzione” che lo vieta espressamente, ma degli altri cosa ne sarà?

LA TRADIZIONE. «Per noi è inimmaginabile l’idea di poter produrre formaggi senza l’utilizzo di latte fresco. Mandiamo avanti da anni una tradizione millenaria che ci è stata tramandata dai nostri genitori e avi, introdurre elementi chimici quali il latte in polvere sarebbe una vera e propria offesa non solo per il nostro territorio, ma per l’intero passato dell’Italia, riconosciuta in tutto il mondo per essere la patria della buona e genuina cucina – dichiara Marco Carozzi, responsabile di produzione aggiungendo –. Produrre formaggio utilizzando latte in polvere è sinonimo di un abbassamento della qualità intrinseca del prodotto, non solo in termini di gusto, che sicuramente risulterà indistinto, ma quello che muterà saranno anche i valori nutrizionali e, di conseguenza, la qualità generale del prodotto proposto al consumatore».

PUNTO DI DOMANDA. «Il dubbio che si pone è - aggiunge Roberto Carozzi, legale rappresentante di Carozzi Formaggi - se i consumatori saranno debitamente informati, nel momento in cui andranno ad acquistare un prodotto, sulla presenza di latte finto. La questione dell’etichettatura rappresenta un grosso punto di domanda. Inoltre, la presenza sul mercato di questo genere di prodotto provocherà una disparità di prezzo non indifferente tra formaggi veri e quelli frutto di reazioni da laboratorio, sicuramente meno costosi non essendo prodotti con materie prime. Il rischio più grande è che tanti formaggi spariscano dal mercato, e con loro una parte di cultura e patrimonio italiano: occorre dunque che le realtà d’eccellenza si coalizzino contro questa possibilità per il bene di tutti, dal consumatore finale al rivenditore, dal contadino al produttore”.

PRODOTTI STANDARDIZZATI. La questione è complessa e forse passeranno mesi (o addirittura anni) prima che verrà presa una decisione definitiva. Quello che è certo è il destino a cui il patrimonio caseario e gastronomico italiano andrebbe incontro qualora la richiesta della Commissione Europea venisse accettata: l’intera nazione perderebbe il suo appellativo di eccellenza nella produzione casearia, i prodotti standardizzati prenderebbero il sopravvento sui profumi e sapori tipici nostrani.

10 luglio 2015