Invia articolo Stampa articolo
Oggiono, Arnaboldi Riva e i 16 fucilati

Oggiono (Ugiònn) - Quando la cultura apre nuovi orizzonti, squarciando il buio dell'ignoranza universalmente accettata, si può parlare di evento culturale: dignità intellettuale che va riconosciuta alla presentazione del libro "Le braccia del padre", del lecchese Giuseppe Arnaboldi Riva. Appuntamento il 19 marzo, ore 20,45, alla biblioteca civica di Oggiono.

MEMORIA. La fucilazione di 16 giovani militari della Repubblica sociale italiana, appartenenti a una colonna di 160 soldati del Gruppo corazzato “Leonessa” e del Btg. “Perugia”, avvenuta nello stadio di Lecco il 28 aprile 1945. E l'amore, frutto dell'incontro tra la figlia di uno dei fucilati ed uno di quei ragazzi, allora 19enne, scampato all'eccidio. Questi gli ingredienti che hanno offerto ad Arnaboldi Riva l'ispirazione per un piccolo capolavoro della memoria lecchese, a cavallo tra storia vera e sentimento puro.

VERITIERA. All'incontro con l'autore parteciperà anche Marco Benedetti, assessore alla Cultura della Provincia di Lecco quando il libro andò alle stampe, ed autore di una prefazione all'opera, in cui si riconosce a Giuseppe Arnaboldi Riva il merito di aver infranto l'omertà su «una pagina dolorosa di storia della nostra provincia, per troppo tempo colpevolmente taciuta e dimenticata, riscoperta grazie alla ricostruzione veritiera dell’autore sui fatti accaduti». A ricordare il massacro dello stadio, infatti, oggi vi è soltanto una targa faziosa, che ha sostituito la lapide in cui erano riportati i nomi delle vittime.

L'ACCUSA. Sul muro dello stadio campeggia la targa apposta dall'amministrazione di Virginio Brivio, (che, tuttavia, ha scritto anch'egli una prefazione a "Le braccia del padre") dove si imputa ai fucilati l'accusa di aver tradito la bandiera bianca, continuando "proditoriamente " a sparare dopo essersi arresi. Questa verità ufficiale dovrebbe suonare a giustificazione dell'eccidio, ma viene smentita dalle testimonianze dell'epoca, tra le quali quella del valoroso combattente e grande scalatore Riccardo Cassin.

PRIMA FILA. Corrieredilecco.it ha, più volte, riproposto una intervista pubblicata il dicembre 2002 su Patria Indipendente, mensile dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia, dove il famoso alpinista, che fu in prima fila nella battaglia e venne anche ferito, spiega che «in un'ala del fabbricato non si erano accorti che il loro comandante aveva esposto la bandiera bianca». Dunque, chi continuò a sparare non lo fece con intento "proditorio", come sostenuto nella targa della amministrazione Brivio, bensì soltanto perchè non poteva sapere della resa.

LA DECIMAZIONE. Una circostanza ben chiara ai partigiani che presero parte alla battaglia e che offrirono a quei militari della Rsi la resa con l'onore delle armi. Poi, da Milano, giunse l'ordine della decimazione. Alla luce della testimonianza di Cassin, lo stesso Giacomo Zamperini, consigliere comunale di Fdi a Lecco che parteciperà alla presentazione del libro, potrebbe chiedere conto del contenuto di quella targa non propriamente obiettiva

Link. Ma la verità sui fucilati allo stadio vale per Rossi, Venturini o Zamperini

Nella foto: la lapide, rimossa, con i nomi dei caduti.

18 marzo 2015