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Metastasi a Lecco: «Il territorio sapeva delle indagini antimafia»

Lecco (Lècch) - Nuove indiscrezioni sulla vicenda Metastasi. L'associazione Qui Lecco libera, rivelando il contenuto di "alcuni preziosi allegati al fascicolo dell’inchiesta", sostiene che la procura di Milano non ha tenuto all'oscuro autorità e inquirenti del territorio sulle presunte infiltrazioni mafiose, a differenza di quanto affermato da chi ripete questo «stanco ritornello».

IL PASTICCIO PALERMO. Arriva un'altra smentita, dopo quella relativa alla "giustificazione" della candidatura di Ernesto Palermo nella lista Pd per il Comune di Lecco, eletto ed in seguito arrestato con l'accusa di essere il referente della 'ndrangheta in municipio. Lo stesso sindaco Virginio Brivio sostenne che si trattava di una candidatura dovuta all'alleanza su scala nazionale con l'Udeur, di cui Palermo sarebbe stato segretario lecchese: in realtà, all'epoca, il partito di Clemente Mastella era schierato con Silvio Berlusconi e il leader locale dell'Udeur si chiamava Silvia Ghezzi.

TEMPORALE IMPROVVISO. Ora la nuova querelle riguarda, spiega Qui Lecco libera, le affermazioni di, «chi sostiene che l’inchiesta “Metastasi” sia “passata sopra la città” abbattendosi all’improvviso come un temporale». «A due giorni dagli arresti (dunque il 4 aprile 2014), appena fuori dal Teatro sociale - ricorda l'associazione antimafia guidata da Duccio Facchini -, anche il sindaco di Lecco ci disse, indignato, che “neanche la Guardia di Finanza, la Polizia e i Carabinieri del territorio sapevano di questa indagine”. E ancora: “Il Gip non ha mai interagito con uno locale”, intendendo Brivio riferirsi a un rappresentante delle istituzioni o autorità del territorio. In più di un’occasione, inoltre, ha denunciato l’assoluta inconsapevolezza del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, composto - tra gli altri - da prefetto, questore, Finanza e Arma».

LA GUARDIA DI FINANZA. Invece... «la semplice lettura di alcuni preziosi allegati al fascicolo dell’inchiesta - rileva Qui Lecco libera - pone fine al ritornello». Andando per ordine: «Il 5 maggio 2011, la Compagnia di Lecco della Guardia di Finanza trasmetteva già una “annotazione di polizia giudiziaria” alla Direzione distrettuale antimafia di Milano». «Ben prima dell’informativa atipica della Prefettura (fine luglio 2011), quindi, la Compagnia della Gdf lecchese “provvedeva ad effettuare specifici accertamenti attraverso la consultazione delle banche dati in uso al Corpo […] relativamente alla menzionata società Lido di Pare srl”».

I CARABINIERI. «Anche il Reparto operativo del Comando provinciale dei carabinieri di Lecco - prosegue Qui Lecco libera - era perfettamente a conoscenza di quelli che, nell’oggetto di una comunicazione inviata il 6 luglio 2011 alla Procura di Lecco, indicava come “Tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel territorio della Provincia di Lecco. Comune di Valmadrera – Gestione dell’area verde a lago in Località Parè».

LA MOBILE E LA DDA. E di certi aspetti scottanti della vicenda erano ben consapevoli Questura e Procura di Lecco. L'associazione cita «due documenti, allegati anch’essi al fascicolo dell’inchiesta. Il primo, che reca la firma della prima sezione della Squadra mobile lecchese, datato 19 dicembre 2011, è una “nota riservata” che ricostruisce il “comportamento” singolare di un “dipendente della locale Prefettura settore Ordine e sicurezza pubblica, protezione civile, antimafia”. Comportamento che, il 23 marzo 2012, sarà poi considerato dalla Procura di Lecco dal potenziale “interesse investigativo” per la Dda di Milano».

STANCO RITORNELLO. «Chi di dovere, dunque, - conclude Qui Lecco libera - sapeva esattamente che cosa stava accadendo a metà 2011 intorno al Lido, e non solo, operando perciò con opportuna discrezione come fosse il braccio di un corpo con la testa a Milano. Qualcuno lo riferisca ai sostenitori dello stanco ritornello». Insomma, l'inchiesta Metastasi è tutto fuorchè una indagine "milanese", pilotata da lontano e all'insaputa del territorio.

3 luglio 2014