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Nessun colpevole, tutti innocenti: il mentire ormai è diventato un costume sociale

Lecco (Lècch) - Certe vicende di cronaca, che si tratti di corruzione politica od odiosi episodi di "nera", presentano un comune denominatore: l'irremovibile affermazione di innocenza dei coinvolti, a dispetto dell'evidenza. Pretesa di non colpevolezza che persiste anche quando la vicenda giudiziaria approda a condanna definitiva, persino corroborata da prove indubitabili.

SAVOIR FAIRE. Un tempo il sospettato capitolava nel giro di poche ore, se aveva la coscienza sporca. Oggi non c'è verso: ci si protesta innocenti sempre e comunque, anche in barba a tre gradi di giudizio. Certo, prima gli inquirenti davano dimostrazione di uno spigliato savoir faire nell'ottenere confessioni. E se lo zelo inquisitorio prevaleva sul diritto, l'attuale buonismo garantista ha peggiorato la situazione, inclinando la bilancia della giustizia a vantaggio dei reprobi.

I "MAI CONFESSI". Ma c'è altro all'origine del carosello di "mai confessi", al di là della minor energia investigativa. C'è la perdita del senso dell'onore, frutto della decadenza che la nostra società sta attraversando. Quando gli uomini erano uomini, fatte le debite eccezioni, i più non potevano fingere e mentire sino in fondo. Arrivati a un certo punto, la menzogna pesava troppo, risultava insopportabile per il comune sentimento di dignità, grazie al quale si conservava quel po' di schiena dritta. E scaturiva, liberatoria, la confessione.

UOMINI DAVVERO. Oggi ogni sussulto di pudore si soffoca senza fatica. Pochi restano uomini davvero, pochi si vergognano di non sentirsi tali. Un cancro divora il cervello del corpo sociale, propagandosi alle membra: se persino ciò che ha sempre suscitato il peggior disgusto diventa legittimo e pubblica fonte di orgoglio, cosa mai sarà la semplice spudoratezza menzognera, quell'aver "la faccia come il didietro"?

LA MESSINSCENA. Non possiamo pretendere l'assunzione virile di responsabilità in un contesto generalizzato dove mentire diventa abito mentale, inganno a cui sottostiamo consapevolmente accettando che l'umana esistenza si riduca ad una pratica di furbizia, fondata sull'abilità della messinscena e della mediazione ad ogni costo.

SULLA SCALTREZZA. E' sulla scaltrezza che, oggi, si costruisce il proprio successo professionale, politico, persino sentimentale. Quanti, istruiti alla dominante contromorale, riconoscerebbero un errore, facendone ammenda e pagando le conseguenze? Ci sarebbe da stupirsi, piuttosto, se qualcuno abbassasse lo sguardo e alzasse la mano per ammettere la propria colpa.

Giulio Ferrari

28 giugno 2014