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Metastasi, un “innocuo” consiglio comunale. E Brivio resta in sella

Lecco (Lècch) - Doveva essere una seduta indolore, e così è stato. Preceduta dalla minaccia di chiudere i battenti in caso di riferimenti personali, l'assemblea cittadina si apre con la premessa del sindaco: «Mi asterrò di entrare nel merito dei fatti accaduti perché potrebbe nuocere alle indagini». Un consiglio comunale sul nulla, con Brivio ben stretto alla poltrona.

FUORI DAL CONSIGLIO. Il contenuto delle inquietanti intercettazioni telefoniche relative all'inchiesta Metastasi è di dominio pubblico, ma non trovano spazio nella seduta consiliare di lunedì sera, perchè Virginio Brivio esclude a priori ogni approfondimento. Eppure tutta la città, anzi tutto il Paese, ha avuto modo di conoscere nei dettagli la scabrosa vicenda che getta un'onta gravissima su Lecco.

TUTTI CONOSCONO. Brivio stesso parla di «atti che tutti conoscono», annunciando che «il Comune si presenterà come parte civile nei confronti di coloro che se ne sono resi responsabili», ma nel merito non si entra. C'è spazio, invece, per una lunga elencazione dei "meriti antimafia" della attuale amministrazione, mettendoci dentro un po' di tutto, dalle biciclettate con Libera alle misure su input della Prefettura, persino scelte la cui paternità viene rivendicata da altri. E' il caso di Stefano Chirico che ricorda: «E' grazie al centro destra se l'appalto per i parcheggi pubblici non è stato aggiudicato ad una certa società...».

LE DIMISSIONI. In concreto, a chiedere le dimissioni di Brivio si trovano solo Lega nord e Sel, questi ultimi usciti dalla maggioranza proprio sull'onda dell'inchiesta Metastasi. Alessandro Magni e la capogruppo leghista Cinzia Bettega chiedono a Brivio un passo indietro «per ridare credibilità alle istituzioni». A menzionare le dimissioni è anche Fratelli d'Italia, con Giacomo Zamperini che, pur trovando «imperdonabile che un rappresentante del clan Coco Trovato si sia seduto in questo consesso», lascia decidere a Brivio se perdonarsi politicamente o meno perchè, a suo giudizio, «le dimissioni fanno parte della sfera personale».

SEMPLICI SOSPETTI. Come da copione gli interventi dei consiglieri di maggioranza, su tutti Irene Riva che raccomanda di «aver fiducia nella magistratura e ciò vuol dire non sostituirla, quindi non dar adito ai semplici sospetti». Ma, al di là del fatto giudiziario resta senza risposta e senza sanzione il fatto politico, cioè le responsabilità di chi ha portato in palmo di mano Ernesto Palermo nel cuore delle istituzioni.

PRIMO TURNO. Palermo, sospeso dalla carica di consigliere con decreto prefettizio e sostituito dall'ex preside Francesco Bellangino, è considerato dagli inquirenti come il rappresentante degli interessi della 'ndrangheta a Palazzo. Il sindaco, e lo ha ribadito nella seduta di ieri, ha sempre sostenuto di non conoscere la presunta appartenza mafiosa di Palermo. E Brivio, certo, non sarà felice che proprio le preferenze ottenute da Ernesto Palermo gli abbiano consentito di vincere al primo turno la corsa per palazzo Bovara, evitando il ballottaggio con Roberto Castelli.

NODO POLITICO. Rimane irrisolto il nodo politico. Perchè Palermo, che non risiede neppure a Lecco, è stato candidato nelle liste Pd del capoluogo? Perchè si è scelto un tale che proveniva dall'Udeur, movimento che all'epoca era passato con Berlusconi? Perchè costui è stato piazzato nella commissione Urbanistica di palazzo Bovara? Chi lo ha messo in lista e chi lo ha collocato in alcuni consigli di amministrazione di aziende di interesse pubblico? L'opposizione non ha saputo pretendere, col piglio necessario, le risposte a questi interrogativi. Un consiglio comunale indolore, anzi inutile.

15 aprile 2014