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San Francesco e il sultano Malik: ecco la verità su quell'incontro

Lecco - Non mancano storpiature lecchesi (tra le altre) alla nobile e rigorosa figura di San Francesco, vittima della piaggeria di chi vorrebbe mettere il santo delle Stimmate in sintonia con l'ecumenico buonismo dell'attuale Papa suo omonimo. Nell'improbo sforzo di colmarne le abissali distanze, alcuni si sono industriati a rielaborare il senso e i fatti del famoso incontro tra San Francesco e il sultano Malik al Kamil (Malek al Kamel), snaturando quel tentativo di conversione.

LA PROVA DEL FUOCO. Oggi l'incontro tra San Francesco e il Sultano ci viene falsamente presentato come un approccio antesignano del dialogo ecumenico. In realtà, il santo di Assisi non rischiò la vita per amor di chiacchiera, bensì per portare a Dio il suo interlocutore. La drammaticità dell'episodio è ben rappresentata nella "Prova del fuoco", undicesima delle ventotto scene del ciclo di affreschi delle Storie di san Francesco della Basilica superiore di Assisi, attribuiti a Giotto. Nella raffigurazione si vede Francesco invitare i capi religiosi presenti alla corte del sultano (che fuggono) ad entrare nel con lui nel fuoco, per dimostrare che Cristo è vero Dio, mentre il Dio dei mussulmani è impostura.

ANIME PERDUTE. Dunque, solo spirito di conversione e martirio, e la sincera carità di salvare quelle anime perdute, spinsero il santo di Assisi. Francesco d’Assisi tentò più volte di andare nelle terre dell’Islam. Nel 1211 si era imbarcato ad Ancona per la Siria, ma i venti spinsero la nave in Dalmazia, da dove tornò ad Ancona. Nel 1212-13 si era recato in Spagna per passare in Marocco, ma una malattia lo fermò e lo costrinse a tornare alla Porziuncola.

SETE DI MARTIRIO. Tutte le fonti  francescane duecentesche affermano che egli intendeva incontrare gli islamici “per sete di martirio”. Per martirio, non per ecumenismo, che per la Chiesa è sempre stato pura eresia, visto che il Vangelo insegna che "solo attraverso il Figlio si va al Padre e che chi non ha il Figlio non ha neppure il Padre". Anche Dante scrive così di Farncesco nella Divina Commedia: "Per la sete del martiro nella presenza del Soldan superba predicò Cristo e l’altri che ‘l seguiro" (Paradiso XI, 100-102). D'altro canto nelle terre della Mezzaluna ci furono frati minori martirizzati, come i cinque protomartiri francescani uccisi in Marocco il 16 gennaio 1220, pochi mesi dopo il viaggio di Francesco in Egitto, a dimostrazione della ben scarsa propensione "ecumenica" dei mussulmani.

CONVERSIONE O RESA. Ma veniamo al famoso episodio dell'incontro col sultano. Nell’agosto del 1219 Francesco si trovava coi crociati a Damietta, dove da due anni era in corso la quinta crociata, per liberare Gerusalemme nuovamente invasa dal Saladino. Francesco, insieme a frate Illuminato, ottenne dal legato pontificio il permesso di poter passare nel campo saraceno, per incontrare lo stesso sultano allo scopo di predicargli il Vangelo, al fine di convertirlo o, almeno, di ottenerne la resa.

MALE PER MALE. Dalle cronache di S. Bonaventura, suo biografo, sappiamo che S. Francesco predicò al sultano “la verità di Dio uno e trino e di Gesù Salvatore di tutti con tanta fermezza e tanto fervore di spirito". Il sultano obiettò che i cristiani attaccavano in armi, mentre il Vangelo insegna che non si deve rendere male per male. Il capo mussulmano pare esprimersi a guisa degli ipocriti che prendono la parola di Dio sinchè fa loro comodo, ma il Santo spiegò come, nella sua completezza, il Vangelo insegnasse anche altro: ovvero che si deve cavare e gettare lontano da sé il proprio occhio, se esso è fonte di perdizione.

CROCIATI NEL GIUSTO. I crociati, disse dunque Francesco, sono nel giusto quanto combattono coloro che bestemmiano il nome di Cristo negandone la divinità e, osteggiando la vera religione, precludono la salvezza ai popoli che sottomettono. Se Malik e i suoi, invece, avessero amato e adorato Gesù, Creatore e Redentore del mondo, allora i cristiani, concluse Francesco, li avrebbero amati come amano se stessi e non sarebbero stati costretti a far uso delle armi. Questo era S. Francesco, e il resoconto di S. Bonaventura appare tanto vicino al Vangelo ma così lontano dal moderno ecumenismo...

P. Gervaso

Nella foto: S. Francesco e la prova del fuoco (Giotto)

13 luglio 2013