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Regione, un appello a Maroni L'indignazione di De Capitani

Lecco - L'ex assessore regionale lecchese Giulio De Capitani tuona contro le "vergognose spese ingiustificabili", fonte di "indignazione collettiva" verificatesi in Regione. Alessandra Consonni, presidente delle Donne Padane, lancia un appello a Roberto Maroni perchè "imbracci il lanciafiamme" per fare pulizia al Pirellone. 

PREVISTE DALLA LEGGE. Anche De Capitani è stato interpellato dagli inquirenti che vogliono spiegazioni su alcune voci di spesa che si sarebbe fatto rimborsare. Ma l'ex assessore respinge ogni illazione e si dice indignato per le notizie che stanno arrivando dai media. "Come accertato dalla Procura della Repubblica - precisa De Capitani - le spese di cui il sottoscritto, per lo stesso periodo, ha prima chiesto e poi ottenuto dal gruppo il rimborso ammontano ad euro 5.754,25: l’inchiesta confermerà che si tratta di costi inerenti al mandato consiliare e rientranti nelle voci previste dalla legge del 1972". Poi la censura nei confronti delle disinvolture attribuite a qualche collega: "Nell’elenco inviatomi dal pubblico ministero, non si trova un euro per taxi, alberghi, congegni elettronici vari, viaggi in Italia o fuori, oppure altre vergognose spese ingiustificabili apparse sugli organi d’informazione e che hanno generato un'ulteriore ondata di indignazione collettiva".

ISTANZE ETICHE. Il coinvolgimento di De Capitani, che ha fama di persona corretta sino alla pignoleria, suscita incredulità nel Lecchese. Intanto sulle accuse mosse ai consiglieri regionali di Lega Nord e Pdl (gli scontrini di quelli della sinistra non sono ancora stati verificati) interviene un'associazione apartitica, ma di area identitaria e federalista, come le Donne Padane. Dura la presa di posizione di Alessandra Consonni: "Come presidente per Lecco e provincia dell'associazione Donne Padane, sodalizio apolitico che tuttavia interviene a dare voce anche alle istanze etiche che salgono dalla nostra gente, intendo esprimere l'ormai incontenibile disgusto e rabbia popolare nei confronti del malcostume politico".

IMPUGNARE IL LANCIAFIAMME. Consonni si rivolge al segretario federale leghista. "Le notizie che, nel loro insieme, giungono dalla Regione Lombardia - afferma -, destano preoccupazione e allarme, attestando l'esistenza di un inaccettabile sistema di disinvolture e privilegio che sminuisce il buon operato dell'istituzione regionale più efficiente e, nonostante tutto, virtuosa della Penisola. Dando atto a Roberto Maroni di aver innestato il cambiamento alla Regione Lombardia, imponendo il ricorso anticipato alle urne, mi rivolgo al segretario federale leghista chiedendogli di abbandonare la ramazza e impugnare il lanciafiamme per dar corso ad una vera disinfestazione della politica".

QUESTIONE MORALE. La presidente lecchese delle Donne Padane si dice "certa che Maroni non affonderà la testa nella sabbia di fronte alla questione morale come fanno i leader di quei partiti che contano centinaia e centinaia di indagati e condannati". E rivolge al segretario del Carroccio "due precise richieste nello spirito delle istanze che si levano dal territorio".

AL MASSIMO DUE MANDATI. La prima richiesta delle Donne Padane "riguarda il divieto interno alla Lega di assumere cariche elettive particolarmente lucrose, parlamentare italiano ed europeo o consigliere regionale, per più di due mandati. Non è più accettabile, infatti, che (a prescindere dal solo segretario federale per ovvi motivi di rappresentanza del movimento) esistano esponenti della Lega Nord i quali da 20 anni conservano la carica di consigliere regionale o che da 20 anni non abbiano mai mollato uno scranno parlamentare, anche transitando dal Parlamento italiano a quello europeo. Alla scadenza dei due mandati - auspica -, i parlamentari e i consiglieri regionali tornino al loro territorio, eventualmente servendo la causa nei consigli provinciali e comunali di appartenenza o nelle segreterie del Movimento".

SACCHEGGIO DELLA COSA PUBBLICA. Come seconda richiesta, Alessandra Consonni domanda a Maroni di farsi promotore di "una legge che, in considerazione della gravità della attuale congiuntura, parifichi il reato di pubblica corruzione in periodi di crisi (moralmente equiparabile allo sciacallaggio nel corso di calamità naturali) al reato di saccheggio, istituendo la fattispecie di "saccheggio della cosa pubblica", punito con identiche pene, ovvero dagli 8 ai 15 anni di reclusione. A mali estremi - conlcude l'eponente dell'associazione femminile -, estremi rimedi".

Nella fotogalleria: Giulio De Capitani ad una manifestazione; Roberto Maroni; Alessandra Consonni.

22 dicembre 2012