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Ma la verità sui fucilati di Lecco vale per Rossi, Venturini o Zamperini

Lecco - Il furto della targa ai 16 militari della repubblica fascista fucilati dai partigiani nello stadio di Lecco sta accendendo i toni della campagna elettorale lecchese. In redazione sono giunte le lettere del sindacalista Cgil Salvatore Rossi e del capogruppo dell'Idv Ezio Venturini: entrambi attaccano il consigliere comunale Giacomo Zamperini, del Pdl, e affermano la loro verità sulla strage del 28 aprile 1945.

CARNEFICI O MARTIRI? Venturini accusa Zamperini di voler "far passare persone carnefici per martiri, persone che si resero responsabili inutilmente con l’inganno e  il tradimento della morte di quei poveri partigiani". Identica la tesi di Salvatore Rossi: "i 16 fascisti, asserragliati in una abitazione in via Como (in realtà erano circa in 200 e occupavano un intero isolato, ndr), circondati da numerosi partigiani, esposero in segno di resa la bandiera bianca. Ma immediatamente dopo l’esposizione della bandiera bianca, quando 4 partigiani uscirono allo scoperto con l’ovvia intenzione di disarmare i fascisti, ripresero vigliaccamente a sparare uccidendone due e ferendo gli altri due. La fucilazione fu comminata per questi motivi, sulla base delle regole e delle leggi di guerra".

RICONOSCERE LA STORIA. Dunque, quei morti non meritano di essere ricordati, perchè, insiste Rossi, "l’onore collettivo a chi si è coperto anche di codardia e di vigliaccheria, è davvero troppo. Consigliere Zamperini, riconosca con lealtà la storia e ne accetti il responso, che è molto più alto di Lei, e di me ovviamente, e contribuisca nei fatti a mantenere un livello di confronto decoroso e rispettoso della verità". Ma qual è la verità storica a cui dovrebbero inchinarsi gli Zamperini, i Rossi e i Venturini? Quali sono i fatti che devono valere per tutti e tre?

I DUBBI. Ovvero, veramente quei fascisti furono così stolti, oltre che infami, da sparare ancora un paio di raffiche sui partigiani dopo aver alzato la bandiera bianca, per poi arrendersi e farsi inevitabilmente fucilare? Veramente mons. Brusa, l'allora rettore del Santuario della Vittoria nella cui cripta riposano le salme di quei militari giustiziati, fu cosi perverso da definire nella sua relazione "bravi giovani" i 16 condannati a morte, dopo averli confessati e comunicati, essendo, dunque, in grado di conoscere la verità sulla loro presunta colpa? Davvero i comandanti partigiani avrebbero concesso l'onore militare, permettendo a quei soldati della Rsi di sfilare dopo la resa con le loro armi sino alla scuola dove vennero rinchiusi, se si fossero macchiati di un tale tradimento?

TRIBUNALI DEL POPOLO. Davvero un intellettuale di sinistra e studioso della Resistenza come Enrico Baroncelli avrebbe potuto scrivere, come fece nel suo editoriale di leccoprovincia.it del 24 aprile, "naturalmente noi non potremo mai sapere se è vero, oppure come diremmo oggi una pezza giustificativa messa a posteriori, che i fascisti a Lecco ripresero a sparare dopo avere issato bandiera bianca, nell'ultimo scontro avuto con le milizie partigiane in Corso Martiri a Lecco"? E sempre Baroncelli aggiunse un'altra considerazione su certi "improbabili Tribunali partigiani improvvisati" che condannarono a morte migliaia di ufficiali e soldati della Rsi.

A PORTATA DI MANO. Insomma, dobbiamo rassegnarci a non conoscere come andò davvero un tragico episodio della nostra storia recente ed accettare la versione di chi urla più forte? Il nostro giornale la verità su quei fatti, incontestabile, l'ha trovata. Non abbiamo neanche dovuto faticare molto, perchè quella verità era ed è a portata di mano, se solo si fosse voluto conoscerla. Abbiamo trovato una vecchia intervista in cui l'indimenticabile scalatore Riccardo Cassin, il quale da partigiano prese parte in prima fila alla battaglia contro quei soldati della Rsi, raccontò che gli spari dopo la resa provenivano da un'altra ala dello stabile dove erano asserragliati i militari e da cui (attenzione!) non si vedeva la famosa bandiera bianca.

TESTIMONIANZA DI CASSIN. "Io stesso - dichiarò Cassin a Patria Indipendente, mensile dell'Associazione nazionale partigiani, del dicembre 2002 - venni ferito il mattino del 27, mentre dalla massicciata della ferrovia sparavo con un bazooka sui repubblichini asserragliati in un caseggiato. Caddero altri amici, Italo CasellaAngelo Negri, il liceale Alberto Picco, prima della resa degli assediati. Farfallino e altri tre saltarono su per la gioia: vennero fulminati sul posto da una raffica. In un'ala del fabbricato non si erano accorti che il loro comandante aveva esposto la bandiera bianca". Cassin era lì, in prima fila, e testimonia che da quella parte del caseggiato la bandiera bianca non si vide. Dunque chi sparò non sapeva della resa. Questo vuol dire che non vi fu alcun tradimento e che quei 16 ragazzi vennero condannati a morte ingiustamente. Basta la parola del grande alpinista perchè il livore lasci il posto alla tardiva pietas invocata dallo stesso sindaco di Lecco?

G. F.

I link alla testimonianza di Riccardo Cassin:
http://anpi.it/b159/
http://www.anpi.it/donne-e-uomini/riccardo-cassin/

19 gennaio 2013