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Ma l'Italia che non vuole più votare esprime bisogni di cambiamento

Merate - Egregio direttore, osservando alcuni dibattiti televisivi di questi giorni, si avverte ancora la presenza di ideologie che persistono dopo il 1989, nel pensiero politico, nei commentatori che si riconoscono nell’Italia “costituzionale”. La Costituzione stessa, poi, sembra essere un macigno di conservazione dell’ideologia nella società.

Sembra quasi che non si riesca a concepire una società umana che possa vivere in forme diverse da quelle nate più di 200 anni fa (1789). Persino quelle assunte dall’altra “rivoluzione”, quella americana del 1776, spaventano e suscitano reazioni quando invocate. Forse dovrebbe essere più forte la denuncia delle conseguenze cui l’ideologia ha condotto e degli squilibri psicologici, morali e sociali che tuttora produce. Non che manchino le testimonianze in tal senso, ma la loro voce non riesce a farsi sentire, e da chi non vuol sentire.

L’ideologia si traduce in un oggettivo rifiuto, espresso da una generale ottusità e inerzia, a riconoscere le “storie”. Se la storia di “un’Italia” è piena di giudizi negativi (dall’Inquisizione al fascismo), la storia di “un’altra Italia” che ha “vinto” nel 1945, grazie agli Alleati anglo-americani, non ha prodotto ancora i doverosi mea culpa, per esempio per le stragi di fascisti e di preti del dopoguerra e per la militanza senza ritegno a fianco delle peggiori tirannidi del mondo contemporaneo; da quelle passate, dall’Urss alla Cambogia, dalla Ddr all’Ungheria; a quelle sopravviventi, dalla Cina a Cuba. Finché non ci sarà una “nuova memoria” sarà impossibile per molti non vedere nell’avversario del momento chi ha legittimato i peggiori crimini politici. Sembra che l’utopia rimanga tuttora l’essenza del pensiero progressista; e da qui ci si potrà attendere ben poco.

Riguardo all’Italia attuale, quello che c’è da augurarsi è che il tasso di utopia che, dopo il crollo nel 1989  ancora si avverte ristagnare come gas tossico, sia ridotto a zero. Si ammetta cioè che non si può costruire un paese moderno con “categorie vecchie” (su questo Renzi ha espresso condivisibili ragioni), con “amori intellettuali” che sono altrettanti abbracci mortali e porte aperte al nichilismo. Non si può leggere la volontà politica di metà degli italiani come una malaugurata deriva populistica; si può ammettere che si diano letture diverse dei fatti, ma non ammettere che si abbia una visione diversa dei fatti di carattere pubblico.

In altre parole, che si comprenda che “l’Italia che non vuol saperne di votare” o che vota il movimento a 5 stelle, non è solo un’anomalia, ma esprime bisogni di cambiamento genuini e motivati, cui si deve dare, anche dal punto di vista delle culture progressiste, una risposta adeguata. E non solo produrre propaganda basata sullo scherno dell’avversario, sulla veicolazione di immagini distorte della società italiana, sull’omissione dei problemi reali, come quelli etici.

Sul fronte dell’Italia che respinge la casta, occorre tener conto dell’esistenza di uno “zoccolo popolare”, che può irrobustirsi nel tempo come consistenza e, soprattutto, come consapevolezza di essere una forza di cambiamento, anche in grado di modificare alcune cose non secondarie. C’è poi una classe politica che dovrà stare, presumibilmente, per cinque anni lontana dalle leve di potere. E avrà comunque il dovere di controllare quanto farà l’antagonista. Ma anche di prepararsi ad una nuova e rinnovata stagione di governo, evitando di ripetere gli errori precedenti, eliminando le debolezze che ha evidenziato, in primis quella culturale in senso stretto.

Il clima generale potrà sembrare difficile; ma c’è un ricompattamento dei cattolici (almeno di quelli che tengono duro) sui temi etici, uno stile di governo ecclesiastico diverso grazie ad un esperto grande Pontefice, la crisi sempre più grave in cui si dibatte la cultura progressista; c’è poi la crisi economica che però è anche crisi di idee, di uomini, di concretezza, di sovranità, di radici storico religiose. Tutti elementi da considerare con estrema attenzione.

Goffredo Bursi
Alleanza Cristiana per Merate (associazione culturale di critica cattolica della politica, della cultura, della società).

1 dicembre 2012