Invia articolo Stampa articolo
Lecco, fascisti uccisi: Brivio perde la “verità”

Lecco - A sinistra si mette in dubbio la "verità rossa" sulla fucilazione di 16 ragazzi fascisti passati per le armi nello stadio cittadino il 28 aprile del 1945. Un articolo di Enrico Baroncelli, studioso di fatti storici e direttore di leccoprovincia.it, rompe il settantennale tabù.

GIOVANISSIMI LEGIONARI. Com'è noto, il 26 gennaio del '45 giunsero a Lecco i resti di due reparti militari della Repubblica sociale italiana. Circa 150 soldati in rotta, appartenenti ai battaglioni Leonessa e Perugia. Si trattava delle ultime leve del fascismo, legionari giovanissimi, in buona parte neppure ventenni. Erano diretti a nord, forse a Como, probabilmente al campo americano di raccolta dei militari fascisti. Alle porte di Lecco, però, furono affrontati dalle formazioni partigiane rosse, in numero molto superiore e bene armate.

PESTAGGIO DEI PRIGIONIERI. Dopo due giorni di combattimento, ormai a corto di munizioni, i soldati si arresero. Nelle ore successive alla resa avvenne la strage: 16 ufficiali e sottofficiali "ragazzini" vennero fucilati. Prima dell'esecuzione furono picchiati dai partigiani comunisti, come testimonia chi scampò e la relazione del rettore del Santuario della Vittoria, il sacerdote Luigi Brusa, da noi pubblicata in altro articolo (cfr. Quei ragazzi ammazzati a Lecco fanno paura: "a morte" la lapide?", del 23 aprile 2012).

LA BANDIERA BIANCA. I partigiani giustificarono la strage con la scusa che i fascisti avrebbero sparato dopo aver issato bandiera bianca. Una versione poco credibile, visto che, come fa osservare un lettore che ci ha scritto in questi giorni sull'argomento, Marco Locatelli, "sarebbe stato illogico fingere di arrendersi e sparare per uccidere due partigiani, dopodichè arrendersi sul serio per farsi inevitabilmente fucilare come traditori". Lo stesso mons. Brusa, definisce nella sua relazione "bravi giovani" quei soldati fascisti condannati a morte, dopo averli confessati e comunicati: era, dunque, in grado di conoscere le loro colpe e certo non avrebbe usato quelle parole di elogio se l'accusa di aver sparato a tradimento fosse stata vera.

IL DUBBIO DI BARONCELLI. Si arriva così a Baroncelli, notoriamente di sinistra e persona intellettualmente onesta, il quale mette in dubbio la verità "politicamente corretta". "Naturalmente noi non potremo mai sapere se è vero, oppure come diremmo oggi una "pezza giustificativa" messa a posteriori, che i fascisti a Lecco ripresero a sparare dopo avere issato bandiera bianca, nell'ultimo scontro avuto con le milizie partigiane in Corso Martiri a Lecco", scrive nel suo editoriale di leccoprovincia.it del 24 aprile. E aggiunge un'altra considerazione: "Improbabili Tribunali partigiani improvvisati condannarono a morte centinaia, se non migliaia, di ufficiali e miliziani catturati", ricorda il direttore, sbagliando solo per difetto delle cifre. Che poi aggiusta un po': "Circa ventimila ufficiali e soldati delle ex Milizie Nere furono passati per le armi non solo nei giorni successivi al 25 aprile, ma per i mesi e addirittura gli anni successivi".

IL RISCHIO DEL SINDACO. Insomma, l'eliminazione dei militari fascisti, e spesso dei loro famigliari, con o senza scuse, fu un fatto sistematico e non episodico nel dopoguerra. A Lecco, però, c'è chi si aggrappa a un probabile falso per negare la pietà nei confronti dei 16 ragazzi fucilati allo stadio dopo che si erano arresi. In Consiglio comunale è stata portata una mozione per chiedere di togliere la piccola lapide che ricorda quel sacrificio. Pare proprio che il sindaco, Virginio Brivio, che si ispira a valori cristiani, non voglia passare alla storia lecchese come protagonista di un gesto di sciacallaggio sui morti e, per salvare capra e cavoli, intenderebbe cavarsela senza odiose rimozioni ma con l'aggiunta in loco di un'altra targa a spiegare la ragione dell'eccidio. Ovvero, esibire la "verità" dei fucilatori. Ma così Brivio rischia di apparire ipocrita davanti ai suoi stessi sostenitori: alla storia della bandiera bianca violata, a quanto pare, non ci si crede più neppure a sinistra.

Nella foto galleria: un giovanissimo legionario del battaglione Leonessa ucciso dai partigiani e altre immagini di cosiddetti "ragazzi di Salò".

26 aprile 2012